A Locarno sono stati presentati due ottimi documentari italiani
Qui al festival del film Locarno ci sono diversi titoli italiani promettenti. Tra questi, oltre all’atteso Bella e perduta di Pietro Marcello, nel primo giorno del festival si sono già visti tre titoli interessanti. Si tratta di tre documentari. Oggi ve ne presentiamo due. Intanto il concorso comincia ad animarsi, con un notevole film di Andrzej Żuławski, Cosmos, di cui parleremo nel prossimo articolo.
Romeo e Giulietta (sezione Fuori concorso) di Massimo Coppola ha qualche limite ma nessuna pretenziosità. In appena 56 minuti delinea un bel ritratto della comunità rom di Tor de’ Cenci, a Roma. Delle loro tradizioni, dei dolori che si portano dietro alcuni di loro. I rom tentano di mettere in scena, non è chiaro se per finta o per davvero, il classico di Shakespeare. Al centro della storia ci sono sono due ragazzi incantevoli, Nino e Mary (Nino Smith e Mary Monrovich), che si vogliono bene ma le cui due famiglie di appartenenza sono nemiche, un po’ come succede a Romeo e Giulietta.
Al di là della metafora abbastanza plateale, e di quella solo un po’ meno evidente sui confini labili tra finzione e realtà, accentuata dalla presenza in campo di Valerio Mastandrea e del regista, la scommessa del film, riuscita a nostro giudizio, è di reggersi su due volti belli, pieni di vita e delicatezza, come quelli di questi due ragazzi. Far portare il film sulle loro spalle ci pare il vero exploit di questa piccola opera di Coppola, a cui auguriamo fortuna. E ci sembra anche il modo migliore per onorare in modo umile il capolavoro di Shakespeare.
A qualcuno piacerà – Storia e storie di Elio Pandolfi(sezione Histoires du cinéma) di Caterina Taricano e Claudio De Pasqualis, su soggetto del noto critico Steve Della Casa, è tutt’altro che un documentario per cinefili, ma è destinato a chiunque abbia un minimo di curiosità.
Elio Pandolfi oggi è un anziano signore che ha vissuto tutti i principali avvenimenti nel mondo dello spettacolo del dopoguerra. Ha un archivio di immagini immenso (secondo gli autori solo un decimo è stato usato per il documentario), tutto girato e spesso montato e insonorizzato da lui, da far invidia all’istituto Luce.
Il film ripercorre la sua carriera e fa un duplice ritratto: quello dell’Italia dell’epoca e quello di un mondo delle arti popolari oggi quasi scomparso, l’operetta di alto livello che ha contaminato il cinema e la televisione. Il volto e la voce da vero affabulatore di Pandolfi reggono il film dall’inizio alla fine. La realtà (in questo caso del passato) si mescola anche qui alla finzione, al recitato.
Eppure emerge un uomo degno, autentico, dalla notevole cultura e dal grande talento, come evidente dai numerosi frammenti di repertorio recuperati dagli autori e dalle testimonianze degli intervistati, come quella di Gigi Proietti, che ne sottolinea la notevole tecnica e l’estro creativo. Federico Fellini che gli fece doppiare innumerevoli personaggi dei suoi film. Luchino Visconti lo stimava e gli voleva un gran bene.
Il documentario inoltre racconta tutto il mondo della rivista e varietà teatrale, all’epoca di gran livello e di cui si ricorda che ci si spostava dalle altre città per andare a vedere gli spettacoli : da autori fondamentali come Pietro Garinei e Sandro Giovannini a dive come Silvana Pampanini, dalla regista Lina Wertmüller a Bice Valori, indimenticabile attrice comica radiofonica. E poi ancora numerosi frammenti con Marcello Mastroianni, Nino Manfredi o Aldo Fabrizi. È un vero spettacolo rivedere questi sketch perduti degli anni cinquanta e sessanta, espressione di un Italia eccezionale e consapevole delle sue qualità.
Rivedere, per esempio, uno straordinario Gigi Proietti, sempre sottilmente al confine tra avanguardia e tradizione, permette di misurare quanto sia andato perso ai nostri tempi, inondati come siamo di reality show dai colori saturi quanto patinati. In tempi dove l’inventiva, l’umorismo, la raffinatezza e soprattutto la grazia, non hanno più diritto di cittadinanza. È anche questa una forma di assalto alla civiltà, non solo quella dei jihadisti dello Stato islamico nei musei. Noi siamo complici, nel dilapidare un mondo che rischia di diventare veramente un mondo perduto. Speriamo quindi di vedere ancora Elio Pandolfi in futuro.
Ma di mondi perduti riparleremo la prossima volta, con un altro documentario italiano, quasi un capolavoro, e, come detto in apertura, con Cosmos di Żuławski.