*Il luogo di un bombardamento dell’aviazione siriana alla periferia di Damasco, 7 gennaio 2014 (Bassam Khabieh, Reuters/Contrasto).
Secondo il Wall Street Journal i servizi di intelligence di diversi paesi europei hanno incontrato segretamente esponenti del governo siriano a Damasco. I primi sarebbero stati i britannici dell’Mi6 nell’estate, mentre francesi, tedeschi e spagnoli avrebbero avviato i contatti a novembre.
L’obiettivo degli incontri sarebbe principalmente raccogliere informazioni sulle centinaia di cittadini europei che combattono a fianco dei ribelli siriani (il 14 gennaio Hollande ha dichiarato che i francesi sono ormai settecento). I paesi europei tentano da mesi di arginare il reclutamento da parte delle organizzazioni jihadiste attive in Siria dei loro cittadini musulmani, nel timore che una volta tornati in patria possano dedicarsi ad attività terroristiche.
L’Mi6 ha smentito i contatti con Damasco, che sono però stati confermati alla Bbc dal viceministro degli esteri siriano Faisal Mekdad, secondo cui i governi occidentali si stanno finalmente rendendo conto che non esiste una vera alternativa alla leadership di Assad. La Coalizione nazionale siriana non ha preso bene le rivelazioni, che secondo il suo portavoce Khaled Saleh “dimostrerebbero una palese contraddizione tra le parole e le azioni” dei paesi membri del gruppo Amici della Siria.
La posizione dei ribelli “moderati” si fa sempre più precaria. Secondo alcuni l’offensiva contro lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) sarebbe stata ordinata dall’Arabia Saudita, che teme le ripercussioni di una rinascita di Al Qaeda nella regione, pena la sospensione degli aiuti finanziari, ma dopo i successi iniziali dei ribelli l’Isil starebbe ora riguadagnando terreno. Inoltre la crisi politica che scuote la Turchia potrebbe spingere il governo dell’Akp a riconsiderare il suo appoggio ai ribelli.
Nel frattempo anche il segretario di stato americano John Kerry ha minacciato di sospendere gli aiuti ai ribelli se non si decideranno ad annunciare la loro partecipazione alla conferenza di Montreux il 22 gennaio. Kerry e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov stanno lavorando per convincere anche l’Iran a partecipare alla conferenza, anche se resta l’ostacolo della condizione preliminare: accettare la creazione di un governo di transizione e l’uscita di scena di Assad.
Ma questa linea apparentemente insuperabile potrebbe presto attenuarsi. Come ha dichiarato un diplomatico occidentale al Wall street journal, i contatti tra i servizi segreti e Damasco sono stati solo degli incontri limitati e “parlare di un’apertura al regime è prematuro per ora. Dopo la conferenza potremmo avere una vera apertura”.
Per i ribelli un netto successo dell’offensiva contro l’Isil diventa sempre più cruciale per recuperare il ruolo di interlocutori credibili. Ma a una settimana dall’apertura della conferenza di Montreux il tempo non sembra essere dalla loro parte.
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