Il dialogo tra sordi sulla legge elettorale è l’ultimo sconsolante spettacolo della partitocrazia italiana. Era il 27 marzo quando Bersani, Alfano e Casini hanno annunciato un’intesa sull’argomento, che prevedeva  “la restituzione ai cittadini del potere di scelta dei parlamentari, un sistema non più fondato sull’obbligo di coalizione, l’indicazione del candidato premier, una soglia di sbarramento”. Poi il buio.

A giugno Bersani e Alfano promettono una  soluzione “tra tre settimane”. Promessa ovviamente vana. Il 20 luglio Pd e Idv hanno addirittura abbandonato il senato. Siamo al solito stanco rito dei veti incrociati, alla rissa senza limiti. Lo spread torna a 500 punti? Il paese rischia il contagio? Non importa. Si litiga senza ritegno. E così tutto è rimandato a settembre o ottobre. E non è affatto escluso che poco prima delle elezioni la montagna partorirà un topolino: qualche piccolo ritocco al tanto vituperato

porcellum. Ricordate  la legge inventata da Calderoli e aspramente criticata dalla sinistra? È una legge che ha regalato a Berlusconi la maggioranza più massiccia del dopoguerra nonostante il 53,2 per cento degli italiani non lo abbia votato. Ebbene: siccome il rapporto di forza è cambiato, ora i partiti  cambiano le carte in  tavola.

La sinistra, sicura di vincere, insiste sul premio di maggioranza allora contestato, solo che improvvisamente cambia nome. Ora si chiama  “premio di governabilità” e secondo Bersani dovrebbe essere “vicino al 20 per cento”. Ovviamente Berlusconi, che parte svantaggiato, non lo vorrebbe superiore al 10 per cento. Secondo i sondaggi Bersani, Di Pietro e Vendola, che litigano quotidianamente in pubblico, insieme potrebbero arrivare al 38 per cento, una percentuale che un solido premio di maggioranza arriverebbe agilmente sopra la soglia del 50 per cento. In fondo non è che un taroccamento del risultato elettorale. Ma ormai il caos regna sovrano.

Berlusconi, che sostiene il semipresidenzialismo francese, favorisce il sistema spagnolo, prediletto anche da Veltroni. Bersani, che rifiuta il presidenzialismo, preferisce il sistema francese a doppio turno, in barba alla bozza Violante che chiede il proporzionale. Berlusconi abbandona le liste chiuse e apre alle preferenze, contro le quali Bersani ha un’avversione quasi isterica. Piace agli elettori? Non importa.

Lo sconcertante balletto sulla legge elettorale è un puro esercizio di autorefenzialità dei partiti, ognuno dei quali cerca d’imporre una soluzione su misura per danneggiare gli avversari. Ovviamente gli osservatori stranieri si convincono che con il ritorno dei partiti tornerà anche il consueto teatrino. Il primo atto è stato lo sconcertante annuncio del ritorno di Berlusconi, definito dal quotidiano conservatore tedesco Die Welt come “Il padrino, atto IV”. Ora Casini ha ribadito che è disposto a governare con il Pd, ma non con Idv e Sel.

Di Pietro in perenne stato di agitazione attacca frontalmente il capo dello stato e bacchetta il Pd. Difficile immaginare che questo scenario irrequieto possa sfociare in pochi mesi improvvisamente nella stabilità politica necessaria per garantire un futuro al paese.

In mezzo a tanta confusione l’unica consolazione è la personalità forte di Rossella Urru: una giovane donna dalla schiena dritta, dalle idee chiare e dal messaggio convincente, proprio perché lontanissima  da quel fiume di parole abusate che i partiti fanno piovere sul  paese.

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