Niente sarà come prima. Nello tsunami elettorale il Partito democratico e il Pdl hanno perso oltre 10 milioni di voti. Sono i partiti che con veti incrociati hanno impedito, tra l’altro, la riforma elettorale. Il Pd è stato miracolosamente salvato dalla Südtiroler Volkspartei, che ha garantito al partito di Bersani quei 130mila voti che gli hanno permesso di incassare il bonus previsto dalla legge porcata e salvarsi dal disastro totale. La Lega ha perso la metà dei propri voti.
Ma il terremoto non ha ha spazzato via solo i partiti tradizionali. Ha cancellato anche le liste nuove di personaggi vanitosi come Antonio Ingroia e Oscar Giannino e decretato la disfatta di Mario Monti, la cui salita in politica si è trasformata in una rovinosa discesa. Vi ricordate il battibecco quotidiano di Vendola e Monti per escludersi a vicenda da un futuro governo? Nessuno di loro avrà voce in capitolo. Vendola, sempre attento alla purezza dell’ideologia, è stato punito severamente proprio in Puglia. Per la prima volta il parlamento è in mano a tre minoranze consistenti che si detestano a vicenda, ma che per il bene del paese sono condannate al dialogo.
Impresa ardua, anche perché Beppe Grillo, inebriato dal successo, sembra ignorare che la campagna elettorale è finita. La sua proposta di eleggere Dario Fo presidente della repubblica è assurda. L’Italia è l’unico paese al mondo in cui da decenni si eleggono ottantenni alla la carica più prestigiosa dello stato. E mentre Giorgio Napolitano (e Joseph Ratzinger) lasciano a 86 anni, si dovrebbe eleggere un ottantasettenne per un settennato. Un’assurdità evidente.
Ma a Grillo, che si sente molto alternativo, non è venuto in mente che dopo tutti i maschi anziani che hanno retto i destini della repubblica da Enrico De Nicola in poi, debba toccare finalmente a una donna, possibilmente cinquantenne e proveniente dalla società civile? Il comico afferma di stimare molto Fo ma ignora il suo consiglio di cercare un’accordo con il Pd. In una situazione di stallo rischiosissima per il futuro del paese continua a lanciare anatemi contro Bersani, “stalker politico” e “morto che parla”.
Arroccarsi in questa situazione sarebbe fatale per ognuna delle due parti. Forse Bersani deve affidare la trattativa a un compagno di partito meno esposto e più abile. Grillo, che ora potrebbe comodamente incassare i frutti del suo successo imbarcando in poche settimane una lunga serie di leggi chieste da anni, sta tirando la corda. Ma tra i suoi seguaci c’è dissenso.
Farebbe bene a delegare le decisioni ai suoi neoeletti. Anche nell’euforia della vittoria non deve sfuggire a nessuno che l’Italia con il suo debito altissimo, la sua grave crisi economica e il suo fragile stallo istituzionale è un paese ad alto rischio.
E ogni atteggiamento irresponsabile potrebbe provocare un frana che rischia di spazzare via non solo i vinti, ma anche i vincitori.
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