Da qualche settimana il Movimento 5 stelle (M5s) sembra navigare in acque sempre più agitate. La serie decisamente nera di Beppe Grillo è cominciata quando il comico ha bollato come golpe la rielezione di Napolitano, esortando milioni di persone a marciare su Roma. Grillo, già in viaggio verso la capitale, è stato costretto a rinunciare. Poi il movimento è stato lacerato dalle polemiche sulla disorganizzazione che ha impedito a Grillo di parlare alla manifestazione in piazza SS. Apostoli.

Il fatto che il comico abbia proclamato la morte della repubblica e quella del 25 aprile è stato severamente criticato da Stefano Rodotà. Poi il vacillare del “modello Sicilia” e la batosta elettorale dell’M5s in Friuli-Venezia Giulia hanno raffreddato notevolmente la speranza di diventare presto il primo partito d’Italia. Le cifre del disastro in Friuli sono state taciute dal sito di Grillo, che però ha avvertito: “Paragonare i risultati elettorali delle regionali a quelle politiche equivale a un falso”.

È ovvio che ci sono differenze fisiologiche tra i due tipi di elezione, ma non bastano a spiegare il calo dal 27 al 13 per cento subìto dall’M5s. Grillo già in anticipo aveva dichiarato che il Friuli sarebbe stata “la prima regione M5s. E dopo non ci fermerà nessuno”. Per il parlamentare friulano Aris Prodani la sconfitta è la prova lampante che “con la logica del muro contro muro non cambieremo mai il paese”. Stessa convinzione esprime il senatore triestino Lorenzo Battista: “Piaccia o no, la politica è dialogo”.

Anche il tanto osannato web ultimamente sembra dare poche soddisfazioni all’M5s. La pubblicazione dei risultati delle quirinarie ha riversato sul movimento una valanga di commenti ironici. Al voto in rete hanno partecipato 28.500 iscritti, lo 0,03 per cento degli elettori M5s. A Rodotà sono bastati 4.677 voti per diventare candidato ufficiale: neanche un decimo delle persone che alle primarie del Pd a Roma hanno votato fisicamente per Ignazio Marino come candidato sindaco. Su Twitter dilagano i commenti ironici sulle “quirinarie lilliput”: “Con 50 voti diventi parlamentare, con 5.000 presidente della repubblica, 50mila bastano per sedersi al posto di Obama?”.

Ora la rete è chiamata a ratificare l’espulsione del senatore Marino Mastrangeli, decisa dai parlamentari con una maggioranza di 62 voti. L’ex poliziotto, candidato nel Lazio con un plebiscito di 64 voti, si è reso colpevole di un reato assai grave: ha partecipato al talk show di Barbara D’Urso. Il parlamentare sardo Roberto Cotti dice: “L’espulsione è una scemenza. Può fare più danni fuori che dentro”. Comunque sia, ora decide il web. Potrebbero espellerlo anche in trenta, basta che lo faccia la rete. 

Anche lo streaming ultimamente dà scarse soddisfazioni. Quello con Enrico Letta, che doveva servire a smascherare il suo ”club dei mostri”, si è rivelata un autogol. E l’attacco hacker che ha violato le mail dei parlamentari è la prova di come il web si può trasformare in un attimo dal paradiso all’inferno.  

Coda polemica anche dopo la sparatoria davanti a palazzo Chigi e la presa di distanza di Grillo da ogni violenza. Sul blog del comico in molti difendono lo sparatore. “Cari politicanti di merda, le prossime pallottole saranno solo per voi”, minaccia Michele Fusco. E Pier L. di Casamassima (Bari): “Ci vogliono le bombe, ma dentro palazzo Chigi, non fuori”. Preoccupante anche il commento di Vittorio Bertola, capogruppo M5s al consiglio comunale di Torino, che si dice “assolutamente certo che ci sono alcuni milioni di italiani che pensano: ‘peccato che non abbia fatto secco almeno un ministro’”. E c’è chi protesta contro la presa di distanza assunta dal movimento: “Quell’uomo potremmo essere noi”.

Nel frattempo Grillo è passato dagli insulti al vittimismo: “Otto milioni di elettori sono considerati intrusi, cani in chiesa, terzi incomodi, disprezzati come dei poveri coglioni…”. Strana logica quella di sbattere la porta in faccia a tutti per poi lamentarsi di essere ignorati. Logica che non convince molti. Chiede Roberto Montemurro sul blog di Grillo: “E se avessimo fatto un governo col Pd? E fatto sparire Berlusconi? Non si è per caso sbagliato obiettivo…?”. La domanda è rimasta senza riposta.

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