Nessun luogo riflette i mali cronici dell’Italia come Pompei.

Un crollo al giorno. Una corsa affannosa contro il tempo. Una lunga serie di promesse e annunci. Campanilismi e infiltrazioni mafiose, ricorsi al Tar e gestioni clientelari, una burocrazia soffocante e un ultimatum dell’Unesco: Pompei è il luogo simbolo di un Italia malata e inefficiente, che la stampa di tutto il mondo osserva con angosciata preoccupazione.

Nessuno crede alle parole e alle riunioni organizzate dal ministro Dario Franceschini, che sottolinea la necessità di “dimostrare al mondo di essere capaci di tutelare la nostra bellezza”. Perché l’Italia da anni dimostra l’esatto contrario, come prova anche il crollo delle antiche mura di Volterra. Ricordiamo bene le promesse, mai mantenute, dei suoi predecessori Sandro Bondi, Giancarlo Galan e Lorenzo Ornaghi, naufragate tra impedimenti burocratici e inefficienze di tutti i tipi. Ne è prova un fatto disarmante: nei tre anni dal lancio del piano per la Grande Pompei è stato speso lo 0,5 per cento dei 105 milioni di euro di fondi europei.

I pochi appalti realizzati si sono arenati nella solita miriade di ricorsi delle ditte escluse, un rituale penoso che rallenterà i lavori per anni. La solita potente burocrazia ha cercato per mesi di bloccare la nomina di Giovanni Nistri a direttore generale del Grande progetto Pompei e quella del sovrintendente Massimo Osanna, che non proviene dal ministero dei beni culturali. In pochi anni al capezzale del sito archeologico famoso in tutto il mondo si sono avvicendati cinque ministri. Ora Franceschini sblocca due milioni e promette l’ennesimo piano Marshall. Ma non sono i fondi che mancano a Pompei.

Il problema è che non vengono usati per un numero scandaloso di ostacoli. Già incombe la mannaia sui fondi europei che devono essere spesi entro il 2015 se si vuole evitare di perderli. In fondo Pompei non è altro che lo specchio di un sistema politico che ha portato l’Italia sull’orlo dell’abisso: quello dei veti incrociati e della cialtroneria, delle promesse vuote e delle leggi inapplicabili, delle maggioranze variabili e dell’inefficienza.

E le mura che crollano quotidianamente sotto gli occhi scandalizzati del mondo sono la metafora eloquente del degrado politico e morale di un paese che calpesta con incuria la propria ricchissima storia.

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