In Germania è stato il processo più seguito degli ultimi anni. Alla sbarra Uli Hoeneß, mitico centravanti che vinse i Mondiali di calcio del 1974 e potentissimo presidente del Bayern München. Un tribunale di Monaco ha condannato il sessantunenne a tre anni e sei mesi di carcere per aver evaso 27 milioni di euro. Sconsolati i tifosi accaniti del Bayern, che avevano manifestato innalzando striscioni con la scritta “Free Uli” davanti al palazzo di giustizia.
È stato Hoeneß stesso a rovinare la sua enorme popolarità. Sperava di cavarsela con un’autodenuncia tardiva in cui ammetteva di avere nascosto parecchi milioni di euro in Svizzera. Per i giudici, però, l’ammissione non era affatto spontanea, ma rilasciata in seguito all’inchiesta di un settimanale tedesco. Invece di alleggerire la sua posizione e dimettersi da presidente, ha cercato di salvare capra e cavoli, ammettendo la verità solo a pezzetti e parlando di una somma di 18 milioni di euro. Infine ha cercato di ostacolare in tutti i modi le indagini.
La stampa tedesca è severissima con l’ex campione mondiale ed europeo. “Una sentenza mite per un uomo senza misura”, scrive la Süddeutsche Zeitung, quotidiano di Monaco. “Uli Hoeneß non si è comportato come un colpevole, ma come una vittima. Viste le sue imprese criminali, tre anni e sei mesi sono una condanna mite”. Severi anche i giudizi sul consiglio di amministrazione del più famoso club tedesco. Critica la Frankfurter Allgemeine Zeitung: “Le personalità del mondo politico ed economico avevano il dovere di agire immediatamente dopo il suo arresto. Ma hanno preferito attendere la fine del processo, danneggiando gravemente la società”.
Mentre l’avvocato di Hoeneß aveva già annunciato il ricorso, il 14 marzo il colpo di scena: Hoeneß va in galera. Ha annunciato le dimissioni dalla presidenza del Bayern e la rinuncia alla richiesta di appello: “Ho deciso di accettare la decisione del tribunale di Monaco, cosa che corrisponde alla mia concezione di dignità e di
responsabilità perché l’evasione fiscale è stato l’errore della mia vita”, ha detto Hoeneß tra singhiozzi e lacrime. Un triste tramonto per un idolo della nazione. Ma la storia non finisce qui.
Ora il ministro dell’economia Sigmar Gabriel minaccia di trascinare in tribunale anche i banchieri svizzeri, che hanno “aiutato Hoeneß a violare la legge”. Si presume che sulla scia di questo scandalo possano essere migliaia i tedeschi con soldi in Svizzera che decidano di autodenunciarsi per evitare la prigione. I tempi in cui l’evasione in Germania era considerata un peccatuccio sono definitivamente tramontati. Come il mito di un grande calciatore e manager che si riteneva intoccabile.
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