Quando si parla di Pompei, gli italiani hanno smesso di meravigliarsi. Perché da anni gli scavi più famosi della penisola riflettono i mali cronici dell’Italia. Crolli di mura antiche, sprechi, disorganizzazione, impedimenti burocratici, ricorsi contro gli appalti, furti… Ma quello che è successo in questi giorni ha dell’incredibile.

Migliaia di turisti di tutto il mondo hanno trovato i cancelli chiusi “per assemblea sindacale”. Cinque assemblee in cinque giorni consecutivi dovevano servire a discutere di orari di lavoro, arretrati e incentivi. Centocinquanta custodi sono ricorsi a un sindacalismo arcaico, corporativo e inammissibile, prendendo in ostaggio per la loro piccola vertenza il sito più famoso del mondo. Un volgare ricatto.

Questa volta contro gli organizzatori dello sciopero, appartenenti alla Cisl e alla Uil, si è ribellato perfino il sindacato stesso. Il segretario della Cisl Raffaelle Bonanni ha annunciato l’intenzione di commissariare il sindacato locale. Quello che è successo a Pompei riflette esattamente la situazione politica nazionale. C’è un blocco di corporazioni che si oppone con tutte le forze al cambiamento e alle riforme. Che preferisce la gestione clientelare e la burocrazia soffocante alla trasparenza. A Pompei il soprintendente Massimo Osanna e il direttore generale Giovanni Nistri combattono con sforzi quasi sovrumani, e con crescente successo, contro queste vecchie logiche clientelari e spartitorie. Ma questa volta con la chiusura del sito per assemblea i sindacati hanno oltrepassato il segno.

Il 23 giugno, gli scavi sono stati riaperti dopo un’ora di chiusura e le rimanenti assemblee sono state annullate in attesa di un incontro il 27 giugno con la soprintendenza. Il sindacato ha ottenuto l’esatto contrario rispetto al suo obiettivo: il ministro della cultura Dario Franceschini ha annunciato la precettazione contro la chiusura selvaggia di monumenti e zone archeologiche, che saranno dichiarati “servizi pubblici essenziali”.

Quello che è successo in piena stagione turistica a Pompei secondo Franceschini “è un ulteriore danno in termini di immagine, che rischia di vanificare il difficile lavoro che tutti i livelli istituzionali, dall’Europa al governo, al ministero, agli enti locali, fino ai lavoratori, stanno facendo per Pompei”. Ma sappiamo che serrate simili si sono verificate anche al Colosseo e in molti famosi musei italiani. La nuova norma arriva tardi, ma può essere interpretata come un altro segnale che nel paese dell’immobilismo qualcosa comincia a cambiare.

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