Alle elezioni regionali di domenica gli elettori hanno mostrato a Matteo Renzi il cartellino giallo e alla screditata partitocrazia italiana il cartellino rosso, disertando in massa le urne. In Toscana l’affluenza è stata del 48 per cento, in calo di 12 punti rispetto alle ultime votazioni. E parallelamente nelle sette regioni i candidati alla presidenza solo saliti da 29 a 52. Un chiaro sintomo della disaffezione inarrestabile che separa il mondo reale da quello politico.
Renzi vince cinque a due, ma il trionfo del 41 per cento alle elezioni europee sembra lontano anni luce. Il risultato dimostra chiaramente che in Liguria e in Veneto dalle primarie sono usciti i candidati sbagliati. Quello che ha vinto in Campania – Vincenzo De Luca – era sgradito a Renzi e non si sa bene come potrà evitare la sospensione prevista dalla legge Severino. In Liguria il dissidente Pd Luca Pastorino ha portato alla vittoria Forza Italia, togliendo al Pd quel 10 per cento che mancava alla vittoria.
Doveva essere la prova generale per la fondazione di un nuovo partito a sinistra del Pd. “Non è un test su di me”, aveva avvertito Matteo Renzi alla vigilia delle elezioni. Ma sembra chiaro che il risultato impone al premier un cambio di strategia. Dovrà fare concessioni all’opposizione interna sulla riforma del senato e della scuola. E rimodulare il proprio partito rendendolo più attraente e meno litigioso. E infine dovrà abbandonare almeno in parte quella strategia dell’uno contro tutti, che sta suscitando resistenze crescenti. Potrebbe affidare il partito al fidato sottosegretario Luca Lotti.
Le urne hanno premiato i partiti antisistema e antieuropei. Il Movimento 5 stelle è diventato primo partito in tre regioni e alle elezioni politiche ora andrebbe al ballottaggio assieme al Pd. La Lega, oltre alla vittoria prevista nel Veneto, ha sfiorato il 20 per cento in Liguria e Toscana, affermandosi come primo partito del centrodestra. Ma ha fallito al sud, arrivando solo al 2 per cento in Puglia. “Siamo lo spauracchio delle mummie”, trionfa Matteo Salvini, che ora può chiedere la leadership nel centrodestra. Ma per sfruttare il successo avrà comunque bisogno di un’alleanza con Silvio Berlusconi, che rappresenta proprio quella “politica stravecchia” che Salvini vorrebbe scaricare.
Come al solito in Italia anche in queste elezioni regionali ognuno trova motivo di sottolineare il proprio successo . Ma il vero campanello d’allarme per tutti i partiti dovrebbe essere la massiccia diserzione dalle urne che minaccia nientemeno che il futuro della democrazia.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it