In Italia, da sempre, lobby trasversali e gruppi di potere hanno svuotato tutte le leggi per liberalizzare i mercati e favorire la concorrenza. Basta ricordare la famosa lenzuolata del 2007 di Pier Luigi Bersani, della quale dopo settimane di scioperi e pressioni non rimase che un fazzoletto.
Falliti anche i tentativi di Letta e di Monti, ora ci risiamo: esattamente un anno fa il consiglio dei ministri ha varato “la legge per il mercato e la concorrenza”, che il parlamento secondo gli auspici della ministra Federica Guidi doveva approvare entro il 2015.
Matteo Renzi si era mostrato fiducioso: “Il provvedimento incontrerà le resistenze delle lobby e noi le sfideremo”. Ma non è andata così. Alla camera ci sono voluti sei mesi per far passare la legge, perdendo per strada decine di articoli tra stralci, rinvii e correzioni. Al senato il decreto legge ora si è arenato in commissione industria tra 1.200 emendamenti e il fuoco di fila di oppositori accaniti. Che sono più o meno gli stessi di sempre: farmacisti, notai, avvocati, dentisti, tassisti, assicuratori, banche, ordini professionali.
Una sfida persa
Quella che secondo il governo “doveva scrostare i privilegi dei soliti noti” per le associazioni dei consumatori è diventata già “una pessima legge, dove la concorrenza esiste solo nel titolo”.
Saltata, per le pressioni di Federfarma, la vendita dei farmaci di fascia c nei supermercati e nelle parafarmacie – un mercato di tre miliardi di euro. Eliminata la norma sulla portabilità dei fondi pensione. Cancellata la possibilità di vendere box o garage inferiori a un valore di centomila euro senza atto notarile. Spostato l’addio al mercato tutelato dell’energia. Slittata la fine del monopolio delle Poste. Ritirata una norma sulle tariffe Rca dopo le proteste delle assicurazioni contro “il dirigismo del governo che vìola il principio della libertà tariffaria”. Stralciata in vista di una leggina ad hoc la spinosa diatriba tra taxi e Uber.
L’ordine degli avvocati ha combattuto con vigore contro l’obbligo del preventivo. Gli albergatori hanno chiesto di vietare Airbnb sul territorio nazionale.
Attivissimi i dentisti, che hanno convinto sei senatori di Partito democratico, Nuovo centrodestra, Area popolare, Gruppo misto e perfino M5S a presentare emendamenti fotocopia per stabilire che le aziende del settore odontoiatrico siano possedute almeno per due terzi da iscritti all’albo. Se passa, probabilmente avranno i trattamenti gratis.
La mancanza di mercati concorrenziali è uno dei motivi principali per cui l’Italia non cresce
I farmacisti chiedono una specie di tassa del 2 per cento alle società che aprono farmacie. Tutte le caste unite sulla barricata per difendere i propri privilegi e proteggersi dalla concorrenza. Gli ordini professionali – relitti anacronistici e scricchiolanti del corporativismo fascista – ora dovrebbero servire come argini per eliminare la concorrenza fastidiosa.
Come se proprio la mancanza di mercati concorrenziali non fosse uno dei motivi principali per cui l’Italia non sta crescendo da anni. Perché i mercati sono troppo protetti, e le migliaia di aziende pubbliche gestite dalla politica spesso paurosamente inefficienti. In Italia sembra quasi impossibile mettere all’asta la gestione dei rifiuti. Per Massimo Mucchetti, presidente della commissione industria, il disegno di legge è “poco ambizioso, offre occasioni di investimenti finanziari piuttosto che aggredire le ultime posizioni monopolistiche, dai porti alle autostrade, dalle concessioni idroelettriche alle reti infrastrutturali”.
Secondo uno studio del Fondo monetario internazionale una vera liberalizzazione dell’economia italiana farebbe crescere il pil in pochi anni di parecchi punti. Le lobby trasversali sapranno impedirlo. Nessuno sa quando il testo che circola da un anno nelle aule parlamentari sarà finalmente varato dal senato. Però tutti sanno che sarà l’ennesimo fardello innocuo svuotato da quegli stessi gruppi di pressione per i quali il nemico da battere è sempre lo stesso: la concorrenza.
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