In politica spesso per conquistare il potere si deve uccidere il padre: l’erede designato del leader storico deve eliminare il suo mentore se vuole avere qualche probabilità di succedergli davvero. In Francia gli esempi sono numerosi: Georges Pompidou con Charles de Gaulle, Lionel Jospin con François Mitterrand e Nicolas Sarkozy con Jacques Chirac.
Mai come ora però l’espressione sembra appropriata per illustrare quello che sta accadendo tra la leader del Front national (Fn) Marine Le Pen e suo padre Jean-Marie, 86 anni, fondatore e presidente d’onore del partito. A sancire la rottura apparentemente definitiva tra Marine e Jean-Marie sono state una recente intervista di quest’ultimo alla rivista di estrema destra Rivarol e alcune dichiarazioni alla radio Rmc. Nella prima Jean-Marie Le Pen ha accusato il numero due del partito Florian Philippot di “tradimento” e tessuto le lodi del maresciallo Pétain, leader della Francia collaborazionista. Nella seconda, ha ribadito che le camere a gas “sono un dettaglio della storia della seconda guerra mondiale”.
Nulla di veramente nuovo per il vecchio leader, ma un duro colpo per la strategia di “dediabolizzazione” del Front national e di conquista del potere intrapresa dall’ambiziosa figlia per cancellare l’immagine estremista, xenofoba e antisemita creata dal padre e sedurre gli elettori moderati e quelli delusi dalla sinistra. Da quando ha assunto la presidenza dell’Fn, nel 2011, Marine Le Pen mira infatti a rendere frequentabile un partito da sempre collocato all’estrema destra. Un posizionamento che ha garantito una certa rendita politica, ma che di fatto – e a causa del sistema uninominale a due turni in vigore in tutti i livelli elettorali in Francia – ha escluso il partito dalla stanza dei bottoni, tranne rarissime eccezioni locali.
Il “cordone sanitario” innalzato sistematicamente intorno all’Fn dai partiti tradizionali di destra e sinistra (“repubblicani”, dicono i francesi), e cioè gli accordi di desistenza reciproca, hanno sbarrato la strada alla maggior parte dei candidati frontisti. Le elezioni amministrative di marzo, nelle quali l’Fn non è riuscito a conquistare nessun dipartimento (provincia) pur risultando primo partito in termini di voti, lo hanno dimostrato ancora una volta.
Sicura di fare il pieno dei voti fra gli elettori dell’estrema destra e di arrivare al secondo turno ormai in qualsiasi tornata elettorale, Marine Le Pen sa bene che deve puntare sugli elettori moderati per superare il secondo turno e far eleggere i suoi candidati. Ed è qui che il padre entra in gioco. Quello che infatti un tempo era un asset per il Fronte nazionale – il vecchio leone dalla prosa brillante, combattivo e carismatico, punto di riferimento per quella frangia non piccola dell’elettorato francese nazionalista, omofoba, razzista e xenofoba – è diventato un peso. E questo per almeno due motivi.
Il primo è di ordine etico. L’ex parà della guerra d’Algeria con le sue sortite sull’Olocausto, gli omosessuali e gli immigrati suscita ancora parecchia diffidenza presso gli elettori moderati.
Il secondo è di ordine politico: contrariamente al padre, che non ha mai puntato davvero a conquistare il potere, Marine Le Pen si è fissata questo obiettivo e ha fretta di raggiungerlo. I fedeli quarantenni che la circondano, a cominciare da Philippot, non vedono l’ora di voltare la pagina di Le Pen padre. Il numero due del partito la settimana scorsa ha addirittura twittato: “La rottura politica con Jean-Marie Le Pen è totale e definitiva”. Marine ha definito una linea politica ed economica che si è rivelata tanto efficace in termini di voti quanto in contrasto con quella di Jean-Marie. Finché il vecchio leader era utile al partito, tutto bene. Ora non è più così. Al contrario.
Marine Le Pen, e con lei i giovani lupi del partito, è convinta, probabilmente a ragione, di poter fare a meno del padre per proseguire sulla strada che dovrebbe portarla all’Eliseo nel 2017. Il 9 aprile ha dichiarato che il padre dovrebbe “dar prova di saggezza e forse mettere un termine alle sue responsablità politiche”. Ma il carattere di clan familiare dell’Fn – la nipote di Marine, Marion Maréchal-Le Pen, è uno dei due deputati nazionali del partito – complica le cose. Tanto più che Jean-Marie, dopo averne sostenuto la carriera politica, non sembra voler aiutare la figlia a metterlo da parte, anzi. E questo malgrado i sondaggi indichino che la maggioranza degli elettori dell’Fn sono favorevoli all’allontamento del leader storico del partito.
Lo scontro politico tra i due è giunto a un punto di non ritorno con l’annuncio da parte dell’ufficio politico dell’Fn di un’azione disciplinare nei confronti di Jean-Marie Le Pen; la data per la decisione non è stata fissata, ma si parla del 17 aprile. Un primo punto Marine lo ha intanto segnato spingendo il padre a rinunciare a presentarsi come capolista dell’Fn per la Provence-Alpes-Côte d’Azur alle regionali di dicembre, a favore della nipote Marion.
Nel frattempo, per complicare ulteriormente le cose e rasserenare l’atmosfera in seno all’Fn, Le Monde ha rivelato la settimana scorsa che i giudici anticorruzione di Parigi hanno aperto un’inchiesta, ormai un anno fa, per un presunto caso di finanziamento illecito dell’Fn. Alcune persone molto vicine a Marine Le Pen sono sospettate di aver concepito delle operazioni fraudolente per finanziare una parte delle campagne elettorali dei candidati Fn alle amministrative del 2011 e delle presidenziali e legislative del 2012, dove la leader del partito era candidata.
I prossimi giorni saranno quindi decisivi per sapere se il vecchio leader preferirà, per orgoglio e per ripicca, far saltare il partito che ha fondato o se la figlia e i suoi alleati riusciranno a metterlo nell’angolo e a consentirgli un’uscita di scena dignitosa.
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