Quella di oggi è probabilmente la marcia indietro più clamorosa compiuta da François Hollande da quando è al potere: il 30 marzo il presidente della repubblica francese ha infatti dichiarato che rinuncia alla riforma della costituzione annunciata in pompa magna davanti alle camere riunite, all’indomani degli attentati di Parigi del novembre scorso.
“Ho deciso di chiudere il dibattito sulla riforma costituzionale ma non trascurerò gli impegni che ho preso per garantire la sicurezza del paese”, ha dichiarato Hollande in un breve intervento dopo il tradizionale consiglio dei ministri del mercoledì.
Dopo quattro mesi di discussioni anche accese all’interno della classe politica e della società francesi, Hollande ha così finito per seppellire il controverso progetto di revocare la nazionalità francese alle persone condannate per terrorismo. La proposta aveva spaccato la sinistra e provocato le dimissioni della ministra della giustizia Christiane Taubira. Archiviato anche l’inserimento nella costituzione dello stato di emergenza, che rimane così regolato dalla legge attuale, votata nel 1955.
In molti hanno sostenuto che l’effetto dissuasivo della misura è pari a zero
Il disegno di riforma, chiamato “Protezione della nazione”, aveva subìto diverse modifiche durante i vari passaggi nei due rami del parlamento: mentre l’assemblea nazionale, dove il governo socialista ha la maggioranza, ha approvato il 10 febbraio una versione del testo che prevedeva la revoca della cittadinanza anche per coloro che hanno solo quella francese (generando quindi potenzialmente degli apolidi), il senato, dominato dall’opposizione di destra, ha reintrodotto il 22 marzo il criterio della doppia nazionalità.
Preso atto dell’impossibilità di conciliare le posizioni delle due camere, Hollande ha dovuto gettare la spugna. Tentando di attribuire alla destra la responsabilità della decisione, il presidente ha dichiarato che “una parte dell’opposizione è ostile a qualsiasi revisione costituzionale”. Se il provvedimento ha goduto di ampi sostegni in entrambi gli schieramenti (la revoca della cittadinanza è uno dei cavalli di battaglia della destra e dell’estrema destra), è anche vero che numerose voci bipartisan si sono alzate per sostenere che l’effetto dissuasivo della misura è pari a zero.
E se una parte della destra ha preferito cogliere l’occasione per mettere Hollande in difficoltà, anziché sostenere un provvedimento che condivide, a far fallire la riforma è stata anche – se non di più – l’ostilità di una parte della sinistra per la quale la revoca della cittadinanza è incompatibile con i valori della “gauche”. Per Hollande e per Manuel Valls, ardente difensore della riforma, si tratta, sottolinea Mediapart, di “uno smacco politico notevole”, che indebolisce un presidente già impopolare e compromette le ambizioni presidenziali del primo ministro.
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