E così gli elettori del Partito socialista francese (Ps) e i suoi simpatizzanti hanno scelto Benoît Hamon per rappresentarli alle elezioni presidenziali di aprile. Con oltre il 58 per cento dei voti ha nettamente battuto l’ex primo ministro Manuel Valls (che ha ottenuto il 41,29 per cento dei voti) nel secondo turno delle primarie della “gauche”, il 29 gennaio. Secondo dati al momento provvisori l’affluenza è stata di oltre due milioni di votanti, circa 400mila in più rispetto al primo turno, il 22 gennaio.
Si è quindi confermata la tendenza emersa in quella occasione, quando Hamon era giunto in testa, battendo lo stesso Valls ed eliminando l’ex collega di governo Arnaud Montebourg. Una tendenza – la vittoria del candidato outsider sui favoriti – che si era osservata anche nello schieramento opposto, con la vittoria a sorpresa di François Fillon nelle primarie del centrodestra, a novembre.
Si conferma anche una tendenza osservata in alcuni paesi europei, dove la crisi dei partiti progressisti ha portato all’affermazione dei candidati più a sinistra, come nel Regno Unito.
Riunire una sinistra frammentata
La vittoria di un ex “frondista” – il gruppo di ministri che ha lasciato il governo nel 2014 dopo la svolta moderata impressa dal presidente François Hollande con la nomina di Valls – conferma il rifiuto degli stessi elettori di sinistra della politica portata avanti dal binomio Hollande-Valls, che si riflette nei loro rispettivi tassi di popolarità, ai minimi. Valls non ha approfittato della rinuncia di Hollande a presentarsi alle primarie e gli elettori di queste consultazioni lo hanno considerato responsabile in solido del bilancio deludente dell’attuale capo dello stato.
Un risultato, infine, che vede confermata la “maledizione di Matignon”: il fenomeno per cui nessun premier uscente è mai diventato presidente della repubblica – anche se Valls si è dimesso a dicembre per poter partecipare alle primarie.
Ora Hamon, 49 anni, dovrà ricompattare un Ps profondamente diviso tra i sostenitori della linea socialdemocratica molto moderata di Hollande e Valls e quelli di una sinistra più vicina ai suoi valori tradizionali.
Il contenuto ‘utopico’ del programma di Hamon potrebbe tenere distanti gli elettori più moderati
Ma il compito più difficile per Hamon sarà quello di tentare di riunire una sinistra frammentata in tre blocchi di dimensioni abbastanza simili e ritenuti “inconciliabili” dallo stesso Valls: quello che lo ha votato, quello moderato e riformista dell’ex ministro dell’economia Emmanuel Macron e quello “puro e duro” del candidato della “Francia irredenta” Jean-Luc Mélenchon, sostenuto dai comunisti. Nel discorso che ha tenuto dopo la vittoria del 29 gennaio Hamon ha dichiarato che proporrà agli altri candidati della sinistra “di costruire insieme una maggioranza di governo coerente e sostenibile per il progresso sociale, ecologico e democratico”.
Un compito non facile per l’ex ministro dell’istruzione, il cui programma – reddito di cittadinanza, diminuzione dell’orario di lavoro, fine dello stato di emergenza – sembra fatto apposta per sedurre i numerosissimi elettori di sinistra delusi da Hollande e Valls, ma il cui carattere “utopico” potrebbe tenere lontani quelli più moderati.
Alla sua sinistra dovrà vedersela con Mélenchon, un ex socialista che si pone come alternativo al Ps e che difficilmente si schiererà con Hamon se i sondaggi continuano a dargli una decina di punti. Alla sua destra, dovrà vedersela con Macron, 39 anni, ex banchiere d’affari e astro nascente del centrosinistra, apprezzato tanto dagli ambienti dell’impresa e dell’economia quanto dai giovani diplomati urbani, ma il cui programma non è ancora chiaro. Scegliendo di non partecipare alle primarie della sinistra – e rinunciando quindi alla legittimità che conferiscono – i due uomini hanno scommesso di ottenere l’unzione democratica attraverso il primo turno delle presidenziali. Secondo i sondaggi, Macron è l’unico candidato della vasta aerea di centrosinistra capace di tenere testa ai due favoriti della destra: la leader del Fronte nazionale (Fn, estrema destra) Marine Le Pen e François Fillon.
Sorprese a non finire
Le recenti difficoltà di quest’ultimo, dopo le rivelazioni sul presunto impiego fittizio della moglie, non dovrebbero giovare alla presidente dell’Fn, anche lei impelagata in una vicenda simile – non a caso il suo partito, di solito molto rapido nel denunciare le magagne politico-finanziarie degli avversari, resta silenzioso sul caso Fillon. Macron inoltre appare più credibile dell’Fn sul fronte che più preoccupa i francesi, quello dell’occupazione, e trae vantaggio dalla piccola schiarita degli ultimi mesi sul versante dell’economia.
Al momento l’esito del primo turno delle presidenziali, che si svolgerà il 22 aprile, è assolutamente imprevedibile. L’unica certezza sembra – ma ci si può ancora fidare dei sondaggi? – la presenza di Marine Le Pen al ballottaggio. La candidata dell’estrema destra deve rivelare il suo programma all’inizio di febbraio e si sa già che intende approfittare dell’ondata reazionaria in corso negli Stati Uniti e altrove in Europa. Ammesso naturalmente che Fillon, con il suo programma nettamente conservatore (addirittura “thatcheriano” secondo molti), non riesca a sottrarle consensi a destra e che Macron, con il suo discorso a favore delle classi popolari, non faccia lo stesso tra i suoi elettori provenienti da sinistra.
A sinistra, il rischio di non qualificarsi per il secondo turno rimane molto elevato se nessuno degli altri candidati in lizza desisterà. Un evento al momento molto improbabile, ma il bello di queste presidenziali è che sembrano riservare una quantità infinita di sorprese. Nel bene e nel male.
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