Khalik Allah è un fotografo e filmaker newyorchese di 29 anni che dal 2012 esplora di notte un angolo preciso di Harlem, tra la 125esima strada e Lexington avenue. Il posto più “sporco” della zona, come lui stesso lo definisce, ma in cui ha incontrato l’amore, la giustizia e la pace, piuttosto che la paura.
Con una fotocamera analogica e delle pellicole, senza usare il flash, è entrato in contatto con la comunità in maniera intensa, instaurando da subito un rapporto di fiducia e rispetto. Un risultato notevole se consideriamo quanto la street photography possa essere frustrante visto che si rischia di intimorire il soggetto, finendo per sentirsi un ladro che ruba l’immagine di un estraneo. Invece il primo passo per Khalik Allah è un trucco imparato da Bruce Davidson: mostrare una raccolta di foto realizzate in passato, in modo che le persone ne capiscano lo stile e l’approccio e possano entrare direttamente in contatto con lui.
A chi accetta, l’autore chiede di pensare a qualcosa di importante e difficile che ha vissuto. E questo per Khalik Allah è un momento cruciale in cui cerca di cogliere il dolore di un estraneo, stamparlo su un immagine e lenirlo, considerando la fotografia anche come una pratica spirituale in grado di aiutare gli altri.
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