Ogni tanto c’è bisogno di un bel disco pop. Di un album in cui ogni canzone potrebbe essere un singolo. Proprio come The bones of what you believe dei Chvrches, uscito oggi in tutti i negozi.

I Chvrches sono una band scozzese, di cui fanno parte la cantante Lauren Mayberry e dai polistrumentisti Iain Cook e Martin Doherty. Anche se il genere del gruppo si può definire synthpop, tutti e tre i suoi componenti vengono dal mondo dell’indie rock. Doherty, per esempio, negli anni scorsi ha suonato con i Twilight Sad.

I Chvrches hanno pubblicato un anno fa il loro primo singolo, The mother we share, raccogliendo parecchi elogi tra gli addetti ai lavori. Per questo il loro album d’esordio [era atteso con grande curiosità][1].

The bones of what you believe è un disco ricco di ottime melodie, di canzoni orecchiabili. Ogni pezzo è frutto di un lavoro molto accurato. I sintetizzatori e i loop elettronici che accompagnano i brani sono profondi, mai banali. Perfetti per bilanciare la voce fanciullesca di Lauren Mayberry.

The mother we share, la canzone che apre il disco, convince fin dal primo ascolto. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Recover, con il suo andamento sincopato, ha la stessa intensità. I due momenti migliori arrivano con Tether, grazie al suo crescendo elettronico, e soprattuto [con Lies][2], la più cupa del lotto, che ricorda un po’ i The Knife.

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Tutti gli arrangiamenti rimandano agli anni ottanta, a band come New Order, Depeche Mode, Ultravox e i Cocteau Twins. Ma anche al rock di Prince e dei Cure, o all’elettronica hipster dei club di Londra. Nella suite electro di Science/Visions spunta anche un riff pastoso alla Trent Reznor.

La forza dei Chvrches è quella di evocare tutte queste influenze con grande semplicità, quasi con naturalezza. The bones of what you believe è tra i dischi più belli usciti negli ultimi mesi. E forse anche tra i migliori usciti quest’anno.

Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma

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