Com’è andato il secondo giorno del Primavera sound
Il secondo giorno dell’Expo internazionale della musica, meglio noto come Primavera sound, è andato bene come il primo. Anche ieri non si è vista una nuvola nel cielo di Barcellona e, per chi come è arrivato al Parc del Fòrum verso le sei del pomeriggio, il colpo d’occhio era più o meno questo. Non male.
Sotto un sole estivo, dopo la sfortuna sfacciata del giovedì (sette concerti di ottimo livello) sono arrivate le prime delusioni. Le Ex Hex, band femminile di Washington che ha suonato sul palco Pitchfork alle 19, fanno un punk rock innocuo e a tratti noioso. Male, molto male, anche il cantautore canadese Tobias Jesso Jr., molto atteso dopo il suo intrigante disco d’esordio Goon. Il concerto di Jesso è stato penalizzato da una serie di problemi tecnici che avrebbero messo in difficoltà chiunque. A causa del volume troppo basso del piano e della voce, la performance è stata di fatto sabotata dalla musica dei palchi vicini, che spesso interferiva con le dolci ballate alla Randy Newman del giovane Tobias. Peccato.
Mi sono perso Tony Allen all’auditorium Rockdelux, ma chi l’ha visto mi ha assicurato che è stato il concerto del giorno. Le delusioni, per fortuna, sono finite qui.
Chi ha deciso di vedersi i New Pornographers alle 19.30 sul palco Atp è andato a colpo sicuro. Difficile che la band di Carl Newman deludesse. E infatti non l’ha fatto. Belli soprattutto i brani più recenti, estratti dall’ultimo album Brill bruisers. Certo, mancava Neko Case, ma bisogna accontentarsi. Anche Perfume Genius, per chi ama il genere, non poteva deludere. E poi, dopo averla sentita dal vivo, lo possiamo confermare: Queen è una grande canzone.
La bella sorpresa della giornata oggi sono stati gli Shabazz Palaces, il primo gruppo hip-hop messo sotto contratto nella storia delle Sub Pop. Il duo statunitense, guidato da Ishmael “Butterfly” Butler, fa un rap molto contaminato, costruito su ipnotiche basi elettroniche e percussioni africaneggianti, e ha regalato un’ora di concerto intenso e divertente.
Per il secondo giorno del festival, gli organizzatori del Primavera sound hanno scelto un headliner abbastanza strano: i Ride. I quattro di Oxford, freschi di reunion, sono stati una delle band più importanti dello shoegaze britannico tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta e il loro valore non si discute. Ma molte persone che si sono affacciate sul palco principale a mezzanotte meno un quarto in realtà sapevano a malapena chi sono. Mezz’ora dopo i Ride invece, sull’Heineken stage, si sono esibiti i ben più popolari Alt-J. Forse si poteva invertire la scaletta, o forse il gusto per le reunion del Primavera ha dettato questa scelta.
A parte tutto, i Ride hanno fatto un concerto coi fiocchi, pescando soprattutto dal loro disco d’esordio Nowhere. Le chitarre di Andy Bell e Mark Gardener suonavano forti e chiare, mentre la sezione ritmica, da sempre uno dei punti di forza dei Ride, ha martellato a dovere. Ecco il video integrale della loro esibizione.
Sugli Alt-J invece resto scettico. Le canzoni le hanno (quelle del primo album sono impeccabili, le nuove un po’ meno). Ma dal punto di vista vocale non riescono a ripetere quello che fanno in studio. Soprattutto Joe Newman, chitarrista e voce principale, a tratti fatica parecchio e rischia di rovinare ottimi brani come Left hand free e Matilda.
Per dovere di cronaca, non ho visto tutto il concerto degli Alt-J, perché volevo chiudere con un po’ di elettronica. Ho scelto Jon Hopkins, pupillo di Brian Eno e autore nel 2013 di quel mezzo capolavoro di Immunity. Hopkins ha fatto un set decisamente virato verso la techno, puntando molto sul ritmo e meno sul suo lato ambient. Giusto così.
Oggi è l’ultimo giorno del Primavera sound e sarà il revival a farla da padrone. Ci sono gli Swans, che sono pronti a investire il pubblico dell’auditorium Rockdelux con un muro sonoro di tre ore di durata. Ma soprattutto ci sono gli Strokes e gli Underworld. Se da adolescenti Trainspotting è stato uno dei vostri film di culto, non serve aggiungere altro.