Alberto Ferrari e Roberta Sammarelli dei Verdena sono in un bar del centro di Vasto. Hanno suonato ieri al Siren festival, ma hanno deciso di restare in città. “È stato più figo del solito perché siamo saliti sul palco senza fare neanche il soundcheck. Penso sia stata la prima volta in vita nostra”, racconta Ferrari, voce e chitarra del gruppo, che ha l’aria rilassata dopo una giornata di mare.

“È bello che qui si scontrino generi musicali diversi. Più il gruppo che suona prima di noi non c’entra niente con il nostro genere, più mi piace”, prosegue il musicista.

“Ci capita spesso di fare date da soli in centri storici, ma questa è una situazione diversa, per il fatto che è un festival e che ci sono tanti gruppi che non conosciamo. Spesso ci capita di partecipare a rassegne rock, ma questo è un festival vero”, aggiunge Sammarelli, che suona il basso.

I Verdena hanno ragione. E sembrano confermare le impressioni avute nel primo giorno di festival. La manifestazione di Vasto riesce a fare una cosa che in Italia fanno pochi: contamina i generi in modo fluido, non traumatico.

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Il mio primo concerto della seconda giornata è stato quello delle Pins, band femminile di Manchester. Non male, ma un po’ monocorde. Poi sono passato nel cortile d’Avalos per Colapesce, che con la sua band ha suonato diversi brani del suo ultimo album, Egomostro, oltre ai pezzi del suo primo disco, Un meraviglioso declino.

Colapesce. (Giulia Razzauti, Siren festival)

Alle nove sono tornato in piazza del Popolo, dove suonavano i Pastels, storica band alternative rock scozzese, che forse non dirà molto al pubblico italiano, ma che ha ispirato gruppi come Belle and Sebastian e Teenage Fanclub.

I Pastels sono partiti un po’ in sordina, ma hanno finito in crescendo. Probabilmente la scelta di metterli sul palco principale li ha un po’ penalizzati e avrebbero funzionato meglio in un contesto più intimo.

James Blake. (Giulia Razzauti, Siren festival)

La stella della serata, per non dire dell’intero festival, è salita sul palco a mezzanotte. James Blake è così bravo che sembra fatto in laboratorio: ha una voce da soul man, una mentalità da produttore navigato e scrive belle canzoni.

Blake possiede inoltre una cultura musicale non banale, che va molto al di là del recinto elettronico. Non a caso, ha aperto il suo show con una bella versione di Hope she’ll be happier di Bill Withers. Ha presentato anche un nuovo brano, Radio silence, che darà il titolo al suo prossimo disco, in uscita entro la fine dell’anno.

È stato un concerto intenso, sospeso tra momenti di quasi silenzio e altri in cui i bassi erano così forti che facevano tremare le persiane delle case. Il tutto mentre una signora anziana si affacciava alla finestra con un’espressione tra l’incuriosito e lo spaventato.

In scaletta, soprattutto nella seconda parte del concerto, non sono mancati i brani più popolari (Limit to your love, Overgrown, The wilhelm scream). Fino alla chiusura intima con Measurements, il brano che chiudeva il disco d’esordio di Blake, che è sembrata quasi un gospel.

Dopo il concerto, per chi c’è andato, la musica è proseguita in spiaggia con i dj set di Lory D e Sick Tiger.

Il Siren festival di Vasto ha archiviato così la sua seconda edizione, con più di quattromila spettatori in due giorni (il 10 per cento in più rispetto all’anno scorso). Numeri abbastanza soddisfacenti, secondo gli organizzatori. L’appuntamento è per il 2016, per la terza edizione del festival che, come conferma la Dna, si farà.

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