Austin è una città particolare. È l’unica roccaforte liberal in uno stato repubblicano come il Texas. Il detto che gira da quelle parti infatti è “Keep Austin weird”, manteniamo Austin strana. Negli anni settanta è stata la capitale del country alternativo, quello che aveva voltato le spalle a Nashville ed era capeggiato da Willie Nelson. È la città dov’è nata Janis Joplin e dove si è formato Stevie Ray Vaughan. Ama definirsi la “capitale mondiale della musica dal vivo”, per l’alto numero di locali e concerti che ospita.
Uno degli esempi dell’amore di Austin per la musica è Austin City Limits, il programma televisivo della Pbs (diventato anche un festival, il principale della città insieme al South By Southwest) che dà spazio al meglio della musica statunitense. E nel 2015 non poteva non invitare il rapper Kendrick Lamar. Quell’anno era uscito To pimp a butterfly, il disco che l’ha trasformato in una star planetaria. Lamar ha dimostrato ancora una volta di essere un performer eccezionale. Lui e la sua band, con un suono a metà strada tra i Parliament e il jazz fusion, hanno fatto rendere al meglio brani come King Kunta e Alright (che quando il pubblico la invoca a gran voce al minuto 47:46 sembra di essere a una manifestazione del movimento Black Lives Matter), ma anche i pezzi del suo album d’esordio Good Kid M.A.A.D. City. In onda è andata una versione ridotta del concerto. Dura un’ora scarsa, ma è di alto livello.
A proposito, ma il concerto di Kendrick Lamar a Roma a luglio si farà? Difficile, per non dire impossibile. Speriamo che almeno lo rinvii al 2021 e non lo cancelli. Perché va bene lo streaming, ma dal vivo è un’altra cosa.
Kendrick Lamar
Live at Austin City Limits
Pbs
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