Migos, Straightenin
Per un ascoltatore occasionale sarebbe molto facile snobbare i Migos, ma sarebbe un errore. Come ha scritto Symon Reynolds nel 2018, i testi del trio di Atlanta fanno pensare a “un cartone animato blasfemo a base di puttane, brutalità e spacconate”, ma allo stesso tempo la loro musica, che lui paragona a “una serie di mormorii provenienti da una cripta marziana”, trasforma la vita dei bassifondi di Atlanta in dolce vita ed emana “puro splendore”.

È vero, i testi dei Migos non sono raffinatissimi. In Vaccines, uno dei brani del loro nuovo disco Culture III (per cultura il gruppo intende la cultura di strada del rap) i Migos si vantano di “fare soldi in quarantena”, mentre nel pezzo Modern day parlando di cinema il rapper Quavo dice “Giro un film, faccio come Michael Bay”. Bay, chi è appassionato di cinema lo sa, è un regista detestato dalla critica, considerato dozzinale, sessista e anche un po’ razzista, ma capace di far incassare parecchi soldi ai suoi film. Eppure, nonostante tutti i loro limiti, da un punto di vista musicale i Migos hanno delle cose interessanti da dire.

Anche in Culture III, arrivato a tre anni di distanza da Culture II, ci sono momenti di qualità, come quello del singolo Straightenin, con le sue ripetizioni ossessive che ricordano pezzi del passato come Versace e Bad and boujee. Il testo, che contiene un dissing rivolto al collega bianco Eminem (“And the brick came white like Shady”), se preso non troppo sul serio è anche divertente. E tutto il disco, dove sono ospiti tra gli altri Drake e Cardi B, si ascolta volentieri, pur con i suoi alti e bassi dovuti soprattutto alla solita tracklist troppo lunga (19 pezzi).

Avalanche, che apre il lavoro campionando addirittura Papa was a rolling stone dei Temptations, è forse il brano più nostalgico e old school, ma per il resto il gruppo non si è spostato di un millimetro dalla formula che l’ha portato al successo. I Migos non sono certo “i Beatles di questa generazione”, come li ha definiti qualche anno fa l’attore e rapper Donald Glover, ma non sono neanche da buttare.

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Lorde, Solar power
In questi giorni Lorde è tornata a sorpresa con il singolo Solar power, la cui copertina è diventata un meme nel giro di poche ore. Solar power è un pezzo con una melodia anni sessanta, scritto e prodotto insieme a Jack Antonoff (uno che ha lavorato con il meglio del pop statunitense, a partire da Lana Del Rey). Alla batteria tra l’altro c’è Matt Chamberlain, che ha suonato in Western stars di Bruce Springsteen e Rough and rowdy ways di Bob Dylan. Il nuovo disco della popstar neozelandese è molto atteso, visto che non pubblica niente dal 2017, anno di uscita di Melodrama. Non c’è ancora una data di uscita, ma a questo punto dovrebbe arrivare presto.

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Wolf Alice, The beach
Metacritic è un sito che aggrega recensioni della stampa anglofona. Blue weekend, il terzo disco dei Wolf Alice, ha una media di 97 su 100. Insomma, alla critica sta piacendo, anche se non capisco tutto questo entusiasmo. Blue weekend è una godibile raccolta di canzoni di rock alternativo, niente di più. La leader della band, Ellie Rowsell, ha una bella voce e una buona presenza scenica. Sono pronti a fare il salto, anche fuori dal Regno Unito. In patria si sono accorti di loro da tempo, visto che nel 2018 hanno vinto il Mercury prize.

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John Grant, Billy
Il nuovo album del cantautore statunitense John Grant s’intitola Boy from Michigan e uscirà il 25 luglio. L’album promette bene, perché è stato prodotto dalla cantautrice britannica Cate Le Bon. Tra i primi brani estratti c’è questa Billy, descritta dal suo autore come “una canzone che parla di quanti uomini si distruggono cercando di rispettare gli stereotipi della mascolinità”. Al di là di questo, Grant conferma di avere una delle voci più belle ed espressive della musica leggera statunitense.

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Gianluca Petrella e Pasquale Mirra, Correspon-dance
Da qualche mese la Tǔk Music, la casa discografica fondata dal jazzista italiano Paolo Fresu, ha lanciato un’etichetta parallela dedicata ai suoni elettronici soul e funk. Tra le prime uscite c’è Correspondence, album realizzato in collaborazione tra il trombonista Gianluca Petrella e il vibrafonista Pasquale Mirra. Un lavoro difficile da etichettare, che usa molto l’elettronica e spazia tra ritmi occidentali, carioca e afrobeat.

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