Innanzitutto i rumori e i suoni, gli odori, i sapori, i colori, le luci. Lo shock è sensoriale. Poi ci sono le folle nella metropolitana, i labirinti di strade senza nome, i grattacieli a perdita d’occhio, i parchi, il rito del cibo, i maestri sushi, i caratteri illeggibili, l’incapacità di dire no, la difficoltà di toccarsi, i gruppi di impiegati ubriachi e tristi dopo le otto di sera, gli inchini, le cartolerie meravigliose, le avveniristiche tazze dei gabinetti, i treni superveloci, le ragazze vestite da bambole, i fumetti. Tutti i luoghi comuni su Tokyo e sul Giappone sono veri, e al tempo stesso il paese è impenetrabile, indecifrabile se non si tolgono gli occhiali della cultura occidentale, se non ci si spoglia dei pregiudizi, se non si azzerano le proprie convenzioni. È il luogo più simile a un universo parallelo, a un pianeta di un altro sistema solare dove la vita si sia sviluppata come da noi, ma prendendo nel corso del tempo un’altra direzione. Sembra l’esperimento di uno scrittore di fantascienza. Siamo noi, ma così diversi che non è possibile riconoscersi, né comunicare.

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