“Pisapia vuole la città islamica, una zingaropoli assediata da stranieri”. “Sappiamo dove sono le armi di distruzione di massa: a Tikrit e a Baghdad”. Cos’hanno in comune Silvio Berlusconi e l’ex segretario alla difesa americano Donald Rumsfeld? Dicono bugie. Ma sono in buona compagnia con tanti altri leader e capi di stato di tutte le epoche. John Mearsheimer insegna scienze politiche all’università di Chicago e ha appena pubblicato Why leaders lie, un saggio in cui analizza i diversi tipi di menzogne degli uomini politici. Intanto si scopre che i più bugiardi sono i leader dei paesi democratici: i dittatori hanno meno bisogno di mentire, perché non devono conquistare il consenso dei cittadini. Poi Mearsheimer spiega che le bugie internazionali sono piuttosto rare (tra gli esempi: Khruscev che esagera le dimensioni dell’arsenale sovietico e la Grecia che nasconde la portata del suo deficit). Mentre molto frequente è quello che nel libro viene definito “commercio della paura”: ingannare le persone esagerando una presunta minaccia. I cittadini sono pronti a perdonare il politico che ha detto una bugia, ma solo se l’ha fatto a fin di bene (Kennedy che nasconde l’intesa con i sovietici sui missili a Cuba o i giapponesi che nascondono l’accordo militare con gli americani dopo la guerra). Però se un politico dice una bugia per cominciare una guerra, è meglio che sia sicuro di vincerla. 

Internazionale, numero 899, 27 maggio 2011

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