Nelle baracche del campo, i nazisti non si avvicinavano troppo ai prigionieri: “Per loro non eravamo più esseri umani”. Dal 16 agosto 1944 agli ultimi giorni di aprile del 1945, Hanna Lévy-Hass è rinchiusa nel campo di concentramento di Bergen-Belsen e riesce a scrivere un diario, protetta dagli altri prigionieri e contando sul fatto che i nazisti non se ne accorgeranno. Ogni volta che Amira Hass deve spiegare perché ha deciso di fare la giornalista, e di farlo da Gaza e da Ramallah, parla di sua madre che racconta l’arrivo a Bergen-Belsen e di quella donna tedesca che guardava passare i prigionieri: “Guardava e basta”. Senza far niente. Il diario di Hanna Lévy-Hass è un testo straordinario. Come ha scritto il Jerusalem Post nel 1963 – quando uscì in Israele – “ha fatto per Bergen-Belsen quel che Primo Levi ha fatto per Auschwitz”. La prossima settimana i nostri lettori lo troveranno insieme a Internazionale.
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