“Poiché ci chiediamo ancora se ci sia vita dopo la morte, possiamo farci anche un’altra domanda: c’è vita dopo la democrazia? E che vita sarà? Con ‘democrazia’ non intendo un regime astratto e ideale a cui aspirare. Mi riferisco al modello più diffuso: la democrazia liberale occidentale con le sue varianti, prese così come sono. E allora, c’è vita dopo la democrazia? (…) Le istituzioni democratiche – tribunali, polizia, ‘libera’ stampa ed elezioni – invece di funzionare come un sistema equilibrato basato sul controllo reciproco, spesso fanno il contrario. Si coprono le spalle a vicenda per favorire gli interessi superiori di ‘unione’ e ‘progresso’. In questo modo creano una tale confusione, una tale cacofonia, che le voci che si alzano per avvertire l’opinione pubblica finiscono soffocate dal frastuono. E questo non fa che confermare l’immagine di una democrazia amichevole, rumorosa, pittoresca e a volte un po’ caotica” (Arundhati Roy sulla democrazia indiana, ma forse non solo, a pagina 32).
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