“Quanta gente canta se sa cantare, ma quanta di più canta lo stesso anche se cantare non sa. E perché canta? Se è felice? Se ha qualcosa da dire? O se soffre e se gli piace soffrire, o se ha fantasia e non ama il normale delle cose? Forse si canta da sempre perché cantare è come raccontare e stare vicino alle cose a un passo dal mondo. Io, anch’io canto, e a un passo dal mondo scrivo canzoni e ricevo nastrini e cassette a milioni e la gente mi scrive, mi manda le sue parole e non chiede chi amo, ma se amo chi chiede e a cosa penso un secondo prima di scrivere una canzone, o dov’era, dove si ficcava questa canzone prima di essere scritta o pittata, su quali spiagge o cimiteri volava prima di essere inventata, in quali occhi a mandorla di strega o in quali mani di porco o di fata era, avanti di essere scovata. Quanta gente soffia in un tubo o mette il culo tra una sedia e una fisarmonica e suona o prova a suonare persino in trenino? Io, anch’io ho cominciato così, in piedi su un tavolo da bambino con la mia gente intorno e il neon che dava le onde”.
Lucio Dalla, messaggio agli allievi di un corso di musica, Roma, marzo 1982.
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