“Devi scegliere tra me, dio e lo stipendio, perché lo stipendio te lo do io e io sono il tuo dio. Qui Allah non esiste”. Trentadue secondi per imbustare un vestito. Centodieci pezzi all’ora, altrimenti urla e insulti. “Voi qui dovete sputare sangue”. Magazzini roventi d’estate e gelidi d’inverno. Seicento euro al mese, senza pause e con straordinari non pagati. “Mi hanno messa da sola a cucire in una stanza buia senza finestre”. Sembrano storie dell’altro mondo, ma vengono da un magazzino dell’Interporto di Bologna.

“Voi marocchine siete tutte porche, soprattutto quelle di 18 anni come te”. Il 17 giugno dodici lavoratrici hanno presentato una denuncia “per una serie di condotte di sfruttamento lavorativo che vanno dalle offese al credo religioso a un caso di molestie sessuali”, spiega l’avvocata Marina Prosperi, che assiste le ragazze, quasi tutte provenienti dal Marocco. “Una situazione che durava dal 2011, una totale mancanza di tutele lavorative”, aggiunge Prosperi. La storia è stata denunciata da InfoAut e Radio Città del Capo, e poi è uscita sull’Huffington Post e sull’Unità. “Se i fatti dovessero essere accertati la cooperativa non mostrerà alcuna tolleranza nei confronti dei responsabili”, ha fatto sapere la società cooperativa per cui lavorano le donne.

Si chiama Mr Job e ha un contratto d’appalto con Yoox, uno dei marchi di moda online più importanti d’Italia. “Qualora dovessero emergere inadempienze non in linea con il codice etico adottato dalla società, Yoox metterà in atto tutti i provvedimenti del caso e di propria competenza”. Dal 2009 Yoox è quotata in borsa, nel 2013 è cresciuta del 25 per cento con ricavi netti per mezzo miliardo di euro.

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