E se si fosse trattato di un colossale errore? Jack Shafer è un giornalista che si occupa di mezzi d’informazione per il quotidiano statunitense Politico. Ha letto i risultati di un lungo e approfondito studio di due professori dell’università del Texas ad Austin, H. Iris Chyi e Ori Tenenboim, ed è arrivato alla conclusione che l’intera industria dei giornali potrebbe aver buttato centinaia di milioni di dollari negli ultimi anni, inseguendo la chimera del web e smettendo di puntare sulla carta.

La domanda di Shafer riguarda soprattutto il settore dei quotidiani americani, ma le risposte possono essere utili per tutto il mondo dell’editoria, e non solo negli Stati Uniti. Attraverso uno studio longitudinale di un campione di 51 grandi quotidiani statunitensi, i due professori hanno visto che anche se la diffusione è in calo, la versione di carta dei giornali continua a raggiungere più lettori e lettrici della versione digitale, indipendentemente dalle fasce d’età.

E se si detraggono i costi di sviluppo e manutenzione, i siti dei giornali non portano molti ricavi aggiuntivi agli editori. Chyi e Tenenboim non negano l’evidente spostamento online del consumo di notizie, ma notano che a beneficiarne sono stati soprattutto gli aggregatori, siti come Yahoo e Google che raccolgono e organizzano notizie scritte da altri.

Intervistata da Shafer per l’articolo, Chyi spiega che fino a ieri i giornali erano come un ristorante di alto livello. Poi in città è arrivato McDonald’s e i ristoranti hanno deciso di smettere di fare ottimi piatti per cominciare a vendere anche loro hamburger, pur non avendolo mai fatto. Invece, sostiene Chyi, avrebbero dovuto fare piatti ancora migliori.

I quotidiani devono rassegnarsi all’idea di aver perso molti lettori per ragioni in parte fuori dal loro controllo, ma al tempo stesso devono smetterla di considerarsi dei dinosauri destinati all’estinzione, perché non è vero; e dovrebbero concentrarsi su quello che sanno fare meglio, il giornale di carta, che poi è la loro fonte principale di sostentamento economico. Ma forse la cosa più difficile è riuscire a mettere in discussione le proprie convinzioni e cambiare strategia sulla base di nuovi dati e nuove ricerche, accettando di procedere per tentativi ed errori.

Questa rubrica è stata pubblicata il 28 ottobre 2016 a pagina 5 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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