“Il linguaggio può dar forma al nostro modo di pensare. E Donald Trump questo lo sa”. Il linguista George Lakoff continua a fornire strumenti per capire i meccanismi della propaganda politica, non solo statunitense. Donald Trump ha fatto il venditore per quasi mezzo secolo, e ora sta vendendo se stesso e la sua visione del mondo, ha scritto Lakoff sul Guardian. Per farlo usa il linguaggio e i mezzi d’informazione: il presidente degli Stati Uniti sa che la stampa non riesce a resistere alla tentazione di ripetere le sue sparate, soprattutto quelle più esagerate e offensive, e questo gli consente di trasformare i giornalisti in involontari megafoni. Ripetute sui mezzi d’informazione e sui social network, le sue bugie raggiungono milioni di persone.
E finiscono per diventare la verità.
Esperti di marketing e pubblicitari conoscono bene questi meccanismi. Invece la maggior parte dei giornalisti, scrive Lakoff, non sa come affrontare un abile venditore con un’istintiva capacità di manipolare gli interlocutori. I tweet di Trump non sono mai casuali. Ci sono quelli che appartengono alla categoria del “framing preventivo”, che servono a dare un’interpretazione dei fatti prima che lo facciano altri. Ci sono i “diversivi”, per distogliere l’attenzione da questioni delicate. C’è il “cambio di direzione”, quando la responsabilità viene spostata sugli altri. E c’è il “ballon d’essai”, per vedere come le persone reagiscono a un’idea.
Lakoff dà ai giornalisti alcuni suggerimenti. Smettere di diffondere le bugie di Trump, evitando di ripetere nei titoli le sue stesse parole. Concentrarsi sulle notizie da cui Trump sta cercando di distogliere l’attenzione e sui fatti che le sue strategie vogliono nascondere. Impedirgli di orientare il dibattito politico, non rincorrendo le sue dichiarazioni e, quando è strettamente necessario pubblicarle, fornendo sempre un contesto più ampio per poterle interpretare meglio.
Questa rubrica è uscita il 15 giugno 2018 nel numero 1261 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero| Abbonati
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