Fuoco
Il decreto legislativo numero 104 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’8 settembre 2018. Sono 5.675 parole la cui sostanza è che dal 14 settembre in Italia è molto più facile comprare un’arma, comprese quelle definite “da guerra” come i kalashnikov e i fucili semiautomatici.
Era un impegno che Matteo Salvini aveva preso in campagna elettorale. L’11 febbraio, in visita alla fiera Hit Show di Vicenza, aveva firmato un documento intitolato “Assunzione pubblica di impegno a tutela dei detentori legali di armi”. Incredibilmente, i dati sul numero di armi che circolano in modo legale in Italia non sono resi pubblici dal ministero dell’interno. Secondo alcune stime, che risalgono al 2007, le armi nel nostro paese sono tra i 4 e i 10 milioni.
Di sicuro, scrive l’Agi citando l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili, ci sono 1.300 punti vendita al dettaglio di armi e munizioni, ai quali si aggiungono più di 400 associazioni sportive dilettantistiche e tiri a volo. Per un volume d’affari complessivo di 900 milioni di euro.
Il mercato italiano è più piccolo di quello statunitense, ma tra i paesi industrializzati l’Italia è uno di quelli con il più alto tasso di omicidi compiuti con arma da fuoco, in rapporto alla popolazione: 0,71 ogni centomila abitanti, subito dopo gli Stati Uniti (2,97) e la Svizzera (0,77) ma prima di Spagna (0,20), Germania (0,19) o Francia (0,06). Ed è vero che in Italia gli omicidi, indipendentemente dall’arma usata, sono molto diminuiti (dai 1.916 del 1991 ai 397 del 2016), ma crescono percentualmente quelli compiuti tra le mura domestiche e in cui le vittime sono donne, così come aumentano gli ammonimenti delle questure per violenza domestica.
In questi giorni il parlamento sta discutendo la proposta della Lega di modifica della legge sulla legittima difesa, che prevede l’eliminazione del principio di proporzionalità tra offesa e difesa. Se sarà approvata, ci sarà davvero da aver paura.