Finché faceva capolino ogni tanto, in mezzo a un articolo, passava inosservato. Ma in quel titolo su due colonne (Internazionale 985, pagina 12), a molti è parso una provocazione: “Tombouctou è libera”.

Tombouctou? In francese, il nome della città del Mali è quasi irriconoscibile. Se fosse stata una piccola località in qualche angolo sperduto dell’Africa, una forma straniera non avrebbe scandalizzato nessuno. Ma è sulle prime pagine di tutti i giornali, e non ci sono dubbi che in italiano si chiama Timbuctù.

“C’è una ragione specifica che giustifica la vostra scelta? Perché il francese è preferito all’italiano Timbuctù, o a una delle altre forme locali?”, chiede Luigi Marini nella sua email. La risposta è che finora abbiamo seguito l’indicazione dell’Atlante De Agostini, una decisione presa tanto tempo fa. Ma da questo numero adotteremo la forma italiana.

Del resto lo facciamo già per Porto Said (non Port Said), Parigi (non Paris), Filadelfia (non Philadelphia), per citare qualche esempio a caso. Ma non sempre: se la forma italiana fosse la regola, dovremmo scrivere Nuova York e non New York, o Lilla e non Lille. Invece nella scelta dei nomi di luoghi la regola è l’uso comune. E l’uso comune cambia.

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