**Vladimir Nabokov, **Parla, ricordo
Adelphi, 364 pagine, 23,00 euro
Alla fine degli anni quaranta Vladimir Nabokov non era ancora uno scrittore di successo e si guadagnava da vivere tenendo lezioni sulla letteratura. In una di queste lezioni (che sarebbe bello veder ripubblicata da qualche editore italiano) ricordava una vignetta in cui uno spazzacamino, cadendo da un tetto, notava un errore di ortografia su di un’insegna e si chiedeva perché non lo avessero corretto.
“In un certo senso”, continuava, “noi tutti precipitiamo verso la morte, dall’ultimo piano della nostra nascita alle pietre levigate del cimitero, e insieme a un’immortale Alice nel Paese delle meraviglie ci chiediamo come sia fatto il muro lungo il quale passiamo. Questa capacità di interrogarsi su inezie – indipendentemente dall’imminenza del pericolo – questi ‘a parte’ dello spirito, queste note a piè di pagina nel volume della vita sono le forme supreme della consapevolezza”.
L’autobiografia Parla, ricordo, che pubblicò per la prima volta nel 1951, raccoglie una quindicina di capitoli sul periodo che va dalla nascita (1899) all’arrivo negli Stati Uniti, nel 1940. L’infanzia nella Russia zarista, la giovinezza tra gli émigrés di Berlino, la nuova fuga dalla Germania nazista restano sullo sfondo: in primo piano sono persone, sensazioni e particolarità, ricostruite con la precisione attenta di chi considerava la scrittura l’unico strumento in grado di creare qualcosa di buono e di giusto.
Internazionale, numero 883, 4 febbraio 2011
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