Giuseppe De Rita e Antonio Gualdo, Il popolo e gli dèi
Laterza, 103 pagine, 14 euro
Cosa ha ridotto l’Italia a un paese in cui nessuno può dirsi contento del presente né speranzoso per il futuro? Esaurita la fase in cui l’unica risposta possibile per metà degli italiani era “Berlusconi” e per l’altra metà “i nemici di Berlusconi”, vanno affacciandosi ricostruzioni più complesse. Secondo De Rita e Gualdo è stato l’intreccio di tre processi.
Il primo è la perdita della sovranità. Dai sindaci al capo del governo, nessuno sembra avere il potere di fare nulla perché le decisioni sono prese lontano, soprattutto in Europa.
Il secondo è la crisi della rappresentanza. Nella prima repubblica partiti e sindacati hanno fatto da trasmissione tra governanti e governati mettendo in moto un circolo tutto sommato virtuoso tra decisioni politiche e processi economici. Oggi non è più così e si cercano con fatica nuove forme di rappresentanza, magari affidandosi alla tecnologia.
Il terzo processo è la crisi economica, che, soprattutto per l’aumentato peso della ricchezza finanziaria, ha portato all’ampliamento enorme delle diseguaglianze. Così, complessivamente, cresce la distanza tra pochi “dèi” lontani (politici, ricchi, istituzioni finanziarie internazionali) e un “popolo” frustrato. Non mancano le proposte di soluzione, basate su un piano di organizzazione per partecipare alle politiche europee che, sorprendentemente, si rivela simile a quello proposto da Alexis Tsipras.
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