Roberto Esposito, L’origine della politica
Donzelli, 124 pagine, 17 euro

“Un tempo Greci e Troiani si massacrarono tra loro per dieci anni a causa di Elena […]. La sua persona era così evidentemente sproporzionata rispetto a quella battaglia che agli occhi di tutti rappresentava solo il simbolo della vera posta in gioco; ma la vera posta in gioco nessuno la definiva né poteva essere definita, perché non c’era”.

Così scriveva Simone Weil nel 1937 in Non ricominciamo la guerra di Troia. Nel libro di Esposito questo passo e l’idea che sottintende, quella di un mondo strutturalmente vuoto, in cui le tragedie sono condannate a ripetersi ossessivamente, sono messi a confronto con un’altra visione, quella di Hannah Arendt, che nella guerra di Troia vedeva invece il conflitto originario, quello che gli uomini avevano addomesticato e superato creando la politica.

Nel corso delle loro vite queste due filosofe del novecento provarono a elaborare spiegazioni delle catastrofi che avevano vissuto e osservato a partire da una storia che entrambe conoscevano bene e su cui non smisero mai di riflettere, quella narrata nell’Iliade. In questo libro del 1996, oggi arricchito di una nuova introduzione, Esposito mette a confronto le loro visioni divergenti.

Rivela così alcune fondamentali incompatibilità che spingono a prendere posizione, ma fa emergere anche affinità sorprendenti che portano a ripensare, attraverso due voci forti, la misteriosa relazione che unisce il tempo, la guerra e la storia.

Questo articolo è stato pubblicato il 5 dicembre 2014 a pagina 96 di Internazionale, con il titolo “L’ira funesta”. Compra questo numero | Abbonati

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