Una teoria italiana
Sergio Bologna, Knowledge workers
Asterios, 50 pagine, 7 euro
La filosofia politica che oggi si fa nel mondo è influenzata da una specifica tradizione italiana che alcuni, riformulando il nome (french theory) che gli americani diedero al pensiero di Foucault, Derrida e Lyotard, chiamano italian theory.
In questa tradizione gioca un ruolo fondamentale l’operaismo. Mentre negli anni sessanta del novecento la vita sociale si andava ovunque organizzando attorno alle grandi fabbriche “fordiste” che consentivano agli operai di produrre e di comprare grandi quantità di cose (vestiti, televisioni, automobili), in Italia alcuni pensatori marxisti videro proprio in quel tipo di fabbrica il luogo in cui studiare le trasformazioni e indirizzarle verso un percorso di liberazione.
In questo piccolo libro Sergio Bologna, che a quella riflessione ha partecipato, spiega come il pensiero, ma soprattutto il metodo operaista – grazie al suo confronto con la realtà, all’interesse per il ruolo del tempo e del denaro, alla centralità data ai rapporti di lavoro – abbia potuto sopravvivere alla fine del fordismo e, trasformandosi, diventare una chiave per comprendere il mutare dell’industria, i cambiamenti nelle comunicazioni, la globalizzazione.
Così, mentre le speranze e i valori dell’operaismo venivano combattuti, emarginati e cancellati, le idee dell’operaismo passavano da una generazione all’altra grazie ad alcune figure di riferimento come il libraio milanese Primo Moroni.
Questo articolo è stato pubblicato il 3 aprile 2015 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Una teoria italiana”. Compra questo numero | Abbonati