È uscito il nuovo numero di Scoop!, il secondo Internazionale extra a fumetti, con reportage e inchieste da tutto il mondo. Si può comprare in edicola, sul sito e sull’app di Internazionale.

Nel 1927 il romanziere francese André Gide rispondeva ai lettori che gli scrivevano di non capire come mai si interessasse così tanto alla cronaca. Non la ritenevano una buona base per creare opere di qualità e criticavano la scelta di darle così tanto spazio nella sua rubrica sulla Nouvelle Revue Française. Gide ammetteva che pur di fare presa sul pubblico, spesso giornalisti e scrittori se ne occupavano lasciando prevalere l’enfasi e “informazioni malcontrollate”. Ma la cronaca non era solo il regno “del pittoresco, del macabro, del sensazionale”, spiegava. “Il fatto di cronaca che mi interessa è quello che mette in crisi certe nozioni accettate troppo facilmente e ci costringe a riflettere”.

Chi fa giornalismo usando il linguaggio del fumetto di solito ha proprio la capacità di scovare questo genere di fatti; di guardare quello che gli succede intorno senza farsi guidare da “nozioni accettate troppo facilmente”; di meravigliarsi di fronte ai dettagli di una storia; di incuriosire il pubblico raccontando la realtà attraverso prospettive inattese. Autrici e autori di fumetti conservano una libertà e una curiosità che gli consentono di trovare la voce e le storie degli altri in modi stimolanti e nuovi. Le pagine del secondo numero di Scoop sono ricche di questo tipo di incontri e sorprese.

L’autore francese Hippolyte fa i conti con gli ostacoli che impediscono alle navi umanitarie di soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Quando finalmente riesce a imbarcarsi sull’Ocean Viking gli succede qualcosa di così imprevisto da spingerlo a rinunciare ai filtri della macchina fotografica e del taccuino, e a invitare chi legge a meravigliarsi con lui. Seth Tobocman torna a raccontare la discriminazione razziale negli Stati Uniti realizzando la seconda puntata di Iconoclastia, la storia uscita sul primo numero di Scoop. Le parole di un attivista gli permettono di incontrare la voce di chi ogni giorno lotta contro le violenze della polizia e il retaggio culturale che celebra un passato razzista e segregazionista.

La fumettista Madeline Miyun dice: “Scrivo storie sulle vite incasinate delle persone, e vorrei continuare a farlo il più a lungo possibile”. L’estratto che pubblichiamo è la testimonianza di un altro incontro, quello che vira di più verso la finzione, ma che grazie ai toni e ai colori delle fiabe riesce a raccontare in modo originale un percorso di cambiamento e transizione.

Valentina Principe raccoglie le voci degli abitanti dell’antico villaggio di Gurnah, in Egitto, cacciati perché intralciavano lo sviluppo del turismo di massa. Marcello Quintanilha quelle di chi viveva a Cabeço, in Brasile, e ha dovuto abbandonare la propria casa perché secondo le autorità la sua vita valeva meno di una diga.
Poco, se non nulla, valgono le vite dei lavoratori migranti che dal Vietnam partono per Taiwan, nella speranza di mettere da parte dei soldi e aiutare le famiglie. Il fumettista taiwanese Tseng Yao-Ching ci chiede di ascoltarli in pagine drammatiche, ma prive di qualunque sensazionalismo. Leila Marzocchi riesce a fare un’operazione simile: raccontare una delle vicende più dolorose del novecento con un bianco e nero indimenticabile, mai enfatico. È uno dei compiti dell’arte, ricorda Sarah Glidden in visita nei musei di Madrid: confrontarsi con la violenza, costruire ponti tra passato e presente.

In tutte queste storie “certe nozioni accettate troppo facilmente” entrano in crisi, spingendoci a riflettere in modi nuovi sul mondo che ci circonda.

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