Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa
Einaudi, 288 pagine, 20,00 euro
In mezzo a tanti romanzucoli neri, rosa oppure ombelicali che consolano i lettori, ecco un romanzo sconsolante e sconsolato, che guarda in faccia la nostra disastrosa realtà e ne cerca le cause, trovandole autobiograficamente negli anni ottanta del secolo scorso, quelli della restaurazione, dell’arricchimento facile, della spensieratezza di tutti.
Tre ragazzi crescono in quegli anni nella Bari benestante, che mescola nuovi e vecchi ricchi in una morale comune, “levantina” e cinica, sempre ai margini dell’illegalità, o dentro. Sono adolescenti senza riferimenti collettivi se non quelli delle mode e delle merci. Insieme a dei loro coetanei, reagiscono come possono al cinismo dell’ambiente, in una generale assenza di punti di riferimento politici (di adulti responsabili verso la polis).
Poi la bella stagione aggressiva passa, lasciando tracce pesanti su tutti. Il percorso all’indietro del narratore, uno dei tre, porta lui e noi a capire come è esploso il nostro presente, dell’Italia: tutto torna a una “casa” che non ha più fondamenta.
Dopo Occidente per principianti, una commedia itinerante sulla stupidità dello stivale, Nicola Lagioia affronta una narrazione più strutturata e tradizionale, con personaggi indimenticabili (i ragazzi, ma soprattutto gli adulti): un romanzo collettivo su un imbarazzante capitolo di storia italiana che ha distrutto le nostre speranze.
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