Ernesto Sábato, Sopra eroi e tombe
Einaudi, 560 pagine, 26,00 euro
Nato nel 1911, vivente, argentino di Buenos Aires, Ernesto Sábato resterà nella storia della letteratura per questo romanzo, che fa parte di un ciclo di tre, ognuno dei quali può essere letto autonomamente.
Di formazione scientifica, dapprima comunista, vissuto a Parigi al tempo delle avanguardie, lettore di Dostoevskij e di Kafka, Sábato si è convinto ben presto che al cuore della sua vocazione non c’erano scienza o politica, ma la letteratura, il solo luogo dove possono incontrarsi realtà e immaginario, scienza e delirio, storia e utopia, angoscia e speranza. Non a caso fu Camus a farlo conoscere in Europa.
In questo capolavoro di inesauribili vitalità e fascino, compare di scorcio anche Borges, in una Buenos Aires dominato dal personaggio indimenticabile della giovane e allucinata Alexandra e dal padre Fernando, che crede di scoprire una cospirazione ideata dai ciechi (il capitolo centrale del romanzo è lui a scriverlo, esemplare di ogni comprensibile paranoia politica, e si chiama Rapporto sui ciechi). Controcanto di queste figure opposte e grandiose sono l’innamorato Martín, amante un po’ grigio, e Bruno, intellettuale un po’ fiacco. La tragedia esplode grandiosa e tremenda, in una Buenos Aires di enormi contraddizioni.
Sábato ha saputo davvero fare di questo romanzo, così come voleva, un’incandescente esplorazione dell’umano.
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