Carlo Fruttero, Mutandine di chiffon

Mondadori, 240 pagine, 18,50 euro

Fruttero, privato da qualche anno della presenza dell’amico Franco Lucentini, raccoglie a 84 anni un mazzo di “memorie retribuite” (scritte su commissione): infanzia adolescenza gioventù, guerra e dopoguerra (è qui il brano che dà il titolo alla raccolta, da una vecchia canzonetta osé: “Mutandine di chiffon / sentinelle sentinelle del pudor”), e appena ieri.

Racconta di Calvino (quando voleva conquistarlo al comunismo…), di Foà fondatore dell’Adelphi, dell’irruente Soldati, dell’algido Citati , altri (“area Einaudi” prima, e “area Mondadori” dopo). I più bei ritratti sono forse quelli di Lodovico Terzi, scrittore atipico, e di Chichita Calvino, vedova di Italo. E quelli di Lucentini, l’amico di una vita, che visse per un certo tempo in una casetta su un canale francese, e “tutti credono, diceva, che a piantare un chiodo non ci voglia niente. E mi porgeva un martello, un lungo chiodo. Ecco, prova. E io provavo e fallivo. Vedi? Una bella martellata, forte, secca, diritta, ti riesce solo dopo molta pratica, non si diventa Geppetto o Glenn Gould al primo colpo”.

Alla fine si torna a memorie private, con affettuosa ironia. Quale che sia il giudizio sulla più bizzarra coppia di scrittori delle nostre lettere, come negare la loro originalità, eleganza, simpatia? Fruttero è sempre Fruttero, Lucentini senza Fruttero fu forse più bravo, ma non più felice.

Internazionale, numero 847, 21 maggio 2010

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