Alberto Arbasino, America amore

Adelphi, 867 pagine, 19,00 euro

Ha fatto molto bene Arbasino a non concorrere allo Strega, anche se il suo libro è il migliore tra i candidati proposti dagli editori e dai votanti (dal mercato del libro e della cosiddetta cultura).

Le quasi novecento pagine di questo compendio sono un vero regalo, riguardano il passato e si accostano al presente, sono il risultato di mezzo secolo di viaggi, incontri, letture e visioni che hanno portato l’autore, curioso di vita e di opere, da una costa all’altra degli Stati Uniti. Cronista-scrittore sapido e acuto, e più testimone che attore, Arbasino è leggero anche quando dice cose serissime, ironico e autoironico, e se talvolta è un po’ compiaciuto glielo si può perdonare senza grande sforzo.

A godere di più di America amore sarà certamente chi ricorda la formidabile varietà e le infinite aperture al futuro della cultura che ha preceduto la mutazione e l’appiattente e noiosissima, evasiva postmodernità. Senza particolari tormenti e preoccupazioni, ma con una affilata capacità di giudicare e raccontare, di render vivi pensieri e persone, Arbasino ci accosta con la stessa verve e la stessa attenzione all’alto e al basso, al main­stream e all’off, al paesaggio e alla società, a filosofi, sociologi, scrittori, critci, attori, registi, cantanti e perfino a qualche politico in un’opera che è unica nel suo genere e che solo lui poteva scrivere, una bella enciclopedia cui manca solo l’indice dei nomi.

Internazionale, numero 892, 8 aprile 2011

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