Ricardo Menéndez Salmón, Il correttore

Marcos y Marcos, 156 pagine, 14,50 euro

È un romanzo breve che mi era sfuggito, uscito nell’anno di Anatomia di un istante di Javier Cercas (Guanda) con il quale ha qualche ambizione comune. Cercas dilata pochi minuti della storia spagnola recente, il tentato golpe del 1981 visto in diretta tv, che segnò per il suo paese la vera riscoperta della democrazia, e ha esplorato i modi del romanzo storico-politico per mettere ordine nel caos della storia, per capirla onde agirvi.

“Fare storia” è dare un senso all’esistenza di ciascuno e a quella dei popoli, di chi è oppresso dalla storia come di chi presume di incidervi, e non è facile. Menéndez evoca invece il sanguinoso attentato dei fondamentalisti ai treni madrileni dell’11 marzo 2004, con la caduta di Aznar e l’avvento di Zapatero. Immagina l’11 marzo di un correttore di bozze alle prese con I demoni di Dostoevskij, la sua vita di coppia, le telefonate affannose con amici e datori di lavoro, con i genitori. Immagina anche un suo mistero (un bambino avuto da un precedente legame).

Interrogandosi su orrore e mistero della Storia, il correttore accetta la mediocrità di chi capisce che non ha mezzi per correggere la storia e si rifugia negli affetti. Il romanzo e la politica, la storia, l’io scrittore e il suo contesto pubblico e privato – i nostri ambiziosi scrittori avrebbero di che rifletterne.

Internazionale, numero 901, 10 giugno 2011

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