Richard Hughes, Nel pericolo
Cargo, 182 pagine, 18,50 euro
Secondo Truman Capote, Il signore delle mosche, del premio Nobel William Golding, era un diretto plagio di una delle opere più moderne e pessimiste sull’evoluzione della cosiddetta civiltà occidentale che contava la letteratura inglese d’avventura.
In Un ciclone sulla Giamaica di Richard Hughes – da cui venne tratto uno splendido film – un gruppo di beneducati bambini, figli di coloni inglesi, veniva rapito dai pirati rivelandosi alla fine più immorale e crudele dei suoi rapitori.
Non meno importante è il secondo romanzo di Hughes, Nel pericolo (oggi ripubblicato con una ottima introduzione di Michele Mari, l’unico esperto di letteratura marinara nel nostro paese), nel quale si racconta, quasi in una presa diretta mozzafiato, la disavventura dell’Archimede, un mercantile a vapore in viaggio verso la Cina, finito al centro di un inaspettato ciclone, e l’estenuante lotta per la vita che affrontano tutti i membri dell’equipaggio dal capitano ai macchinisti e alla bassa manovalanza costituita da cinesi.
Rispetto al chiaro modello di Tifone di Conrad, la morale che Hughes trae da questa avventura è ancora più radicale: la tecnologia, frutto dell’invenzione e del progresso dell’uomo, è inutile contro l’imprevedibile forza della natura. Solo la virtù degli uomini di mare, una virtù antica e umile, può sopravvivere all’arroganza e alla futile illusione di poter sfidare gli elementi.
Internazionale, numero 925, 25 novembre 2011
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