Franco Ferrarotti, Atman. Il respiro del bosco
Empirìa, 112 pagine, 16 euro
Racconto, cultura, pensiero, è una strana piccola serena memoria o quasi-conferenza (o cicalata) intorno alla propria vita presa nel suo ritmo essenziale, dentro e fuori la storia e riflettendo da filosofo sulla natura e sul suo destino attuale, quella che un sociologo di fama e di talento ha scritto a 85 anni per una piccola casa editrice che pubblica poeti. E certamente non stona tra i libri di poesia se parte da Le opere e i giorni capolavoro in versi di Esiodo su proprietà e ritmo della natura e dall’immagine di se stesso bambino, figlio di contadini piemontesi che ragiona su una pietra di mica usata come amuleto, contatto con l’alterità e vicinanza della natura.
La sociologia italiana è nata rurale a sud (Rossi-Doria) e industriale a nord (Pizzorno) e ha trovato nell’olivettiano Ferrarotti un luogo in cui campagna e città si sono incrociate, in epoca di scontri e di incontri, ma oggi la natura è finita addomesticata (radicalmente violentata) e l’industria ci ha abbandonati al dominio di tecnica e comunicazione. Tra ricordo e presente, vissuto e teoria, ricordi “bassi” e citazioni “alte” e pregnanti, è l’amore per la natura ad avere il predominio. Che è qui amore per gli alberi, per la vita vegetale a cui si sogna di tornare, nel ciclo dell’esistenza più profonda (“l’anima”, l’atman, il respiro) tramutandosi come nei miti in albero, in quercia e bosco.
Internazionale, numero 945, 20 aprile 2012
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