Yi Munyol, Il poeta
Giunti, 224 pagine, 5,16 euro
Yi Munyol fu introdotto in Italia da Linea d’ombra ed edito da Giunti sulla folgorazione di alcuni splendidi romanzi brevi, L’inverno di quell’anno e Il nostro eroe decaduto, poi ripresi da Bompiani che ha fatto di Yi un suo autore. Si dice sia il massimo scrittore coreano e che meriterebbe il Nobel, e certamente i suoi racconti scavano magistralmente nelle contraddizioni di una storia e di una cultura tuttora divise, e fanno delle contraddizioni e costrizioni coreane l’oggetto del loro sofferto cercare e narrare.
Qui Yi segue a suo modo la biografia – di cui si sa pochissimo – del poeta che rinnovò la poesia coreana, Kim Sakkat (1807-1863), nobile decaduto e vagabondo libertario, diviso, secondo Yi, tra lealtà alla patria e devozione filiale. Quando era piccolo e la Corea si divise, Yi vide il padre fuggire al Nord e ha vissuto dilemmi comparabili. Illazioni, analisi dei testi, dubbi e convinzioni costituiscono l’ossatura del romanzo, che è controllato e bensì libero, sollecitante, coinvolgente.
Il cammino del poeta è fatto di tappe e rivelazioni, di alti e bassi, di tentativi arditi e arretramenti timorati fino alla maturità di una scelta che rifiuta i ricatti della storia e guarda in profondo. In
L’uccello dalle ali d’oro Yi, mai davvero pacificato, narrò il conflitto di un pittore con il suo maestro, nel Figlio dell’uomo di oriente e cristianesimo.
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