Binyavanga Wainaina, Un giorno scriverò di questo posto
66thand2nd, 290 pagine, 18 euro
Una nuova casa editrice dal nome impossibile propone un quarantenne scrittore keniano che è anche un animatore culturale vivace e deciso e di aspirazioni internazionali, e che ha avuto il merito, al recente festival di Mantova, di aver ricordato agli italiani colti, tanto smaniosi quanto superficiali, l’importanza del grande Chinua Achebe recentemente scomparso, padre fondatore della letteratura del continente.
Racconta se stesso, Wainaina, e non trascura niente, racconta i suoi primi decenni di vita e formazione nell’Africa del nostro tempo, dal Kenya tribale al Sudafrica in movimento, tra conflitti e speranze, come se fosse il primo stenografo di una realtà forte e decisiva, mutevole, senza alcun senso di inferiorità verso le altre culture. Non trascura niente e anche insiste e annoia, ma con una protervia simpatica, convinto che tutto questo debba interessare.
È un modo nuovo di guardare all’Africa, la novità, la vitalità, la “varietà e complessità”, dice, che è forse il sincretismo della nuova musica a cogliere meglio. Ecco, a metà libro, una delle tante dichiarazioni programmatiche: “Che meraviglia, se potessi passare la vita ad abitare le forme, i suoni e le abitudini degli altri”. Cercarsi, capire, accettare, scegliere nel tutto di passato e futuro che è l’Africa.
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