Alessio Torino, Urbino, Nebraska
Minimum fax, 238 pagine, 14 euro
“Urbino, Marche”, tipo “Winesburg, Ohio”, sarebbe stato un titolo più adeguato per questi quattro racconti che, secondo un modello classico, hanno al centro o sul fondo uno stesso avvenimento, la morte per overdose di due giovani sorelle nella “città ideale” dei Montefeltro. Dopo Tetano, che ne esplorava i dintorni appenninici, ora la protagonista è la città, secondo quanto i ragazzi di oggi ne colgono, i modi in cui la vivono.
Raccontare la provincia (le infinite province, le “cento città” e passa di un paese poco unito come è il nostro) è meno facile di quanto sembri, e Torino è uno dei pochi che sa farlo, aiutato dal suo Volponi e, si direbbe, dal suo Bassani. Queste “storie urbinati” sono convincenti, minuziose, una fotografia dal vero virata nei colori di un affetto esigente, che sa capire e che sa giudicare. Il primo racconto segue le giornate di una comune studentessa proprio di oggi: un ritratto più che credibile, rispettoso attento, simpatetico.
Il secondo, finissimo, racconta lo sconcerto che porta in famiglia e tra gli amici la scelta di diventare prete fatta da un giovane. Il terzo è il solo che sa di “Urbino, Europa” ed è forse il meno attraente. Il più bello e breve è l’ultimo, sulla morte di un uomo di un’altra generazione, un nonno che ha combattuto e creduto e che non si è riconciliato con il mondo così com’è.
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