Luca Rastello, I buoni
Chiarelettere, 204 pagine, 14,00 euro
Ci sono libri che tutti dovrebbero leggere. Oggi, per esempio, per interrogarsi sulle ambiguità o storture del “sistema” che ci stritola, tra i non-romanzi Gallino, La congiura contro i giovani di Laffi, Critica della vittima di Giglioli, Utopie letali di Formenti. In una stagione ricca di analisi infine radicali, ecco I buoni che è un romanzo ma anche, a suo modo, un saggio storico, filosofico.
Rastello ha scritto il libro più serio sul nostro comportamento di fronte alle guerre nella ex Jugoslavia e di recente il più utile a capire le battaglie del No Tav; qui, in forma letterariamente ambiziosa e matura, racconta i professionisti del bene, il volontariato diventato mestiere, e scava nei modi in cui operano le grandi associazioni. Ma non per banale denuncia: per fame e sete di verità, anche a rischio di sembrare ingiusto, eccessivo.
Ci sono i Grandi Fondatori e i loro Amici (giudici, politici, giornalisti, artisti) ma ci sono anzitutto i loro protetti, esseri umani destinati a perdere, che nei buoni hanno creduto di trovare sostegno: c’è il loro dolore, la loro fragilità, anche la loro vendetta. Sarà difficile dimenticare Aza e Adrian, venuti da lontano, come Delia e Mauro e Andrea e il loro carismatico prete-leader. Sul nostro oggi sconvolto, questo è un romanzo sconvolgente e unico, incandescente, che costringe a guardarsi allo specchio e che ha per modello Dostoevskij.
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