Ronaldo Correia de Brito, Il dono della menzogna
gran via, 262 pagine, 16 euro
Il titolo originale è Galileia, il nome biblico della grande fazenda nel sertão, nel nordest del Brasile, dove il protagonista e narratore Adonias torna – fa lo psicanalista (come l’autore del romanzo) a Recife – insieme ai cugini Davi, musicista gay, e Ismael, meticcio di confuse ascendenze, perché vi sta morendo il vecchio nonno.
Ma tutte le ascendenze sembrano confuse, in questa famigliona con l’ossessione della Bibbia e del passato, dove gli accoppiamenti irregolari sono stati e sono frequenti, e il sangue è portoghese e indio e il contesto quello di oggi. Il sertão (“Brasile profondo e misterioso, come l’oceano tanto temuto dagli argonauti”) è stato narrato da scrittori, il più grande Guimarães Rosa, con Ramos e Lins do Rego, e da memorialisti come Euclides da Cunha, geografi come Josué de Castro, registi come Rocha e Diegues. Là Adonias ritrova un ambiente mutato e tuttavia mitico, una terra di nessuno in cui si sente estraneo come si sente però estraneo alla città.
Il pretesto (il raduno della famiglia intorno al patriarca morente, i segreti e gli intrecci che vi si rivelano) è banale ma il romanzo è forte e serrato, un ritorno alle origini mosso dall’inquietudine e dall’eterna domanda: “Perché siamo stati cacciati dal paradiso?”.
Dice Adonias: “Devo fare causa a Freud, voglio indietro i soldi”.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it