Ferruccio Parazzoli, Nessuno muore
Il Saggiatore, 196 pagine, 15 euro
Nessuno muore, ma tutto ritorna. Nessuno è Ulisse, tornato a casa e invecchiato, ma c’è davvero una casa a cui tornare? Il romanzo racconta il ritorno più famoso di tutti e quel che succede a Itaca a un eroe vecchio grasso rozzo, violento e osceno anche se meno astuto di quel che si è detto. Si fa chiamare Nessuno, colui che non c’è.
“Enorme al di là del Tempo e della Storia”, è un mito degradato. Nessuno si sbatte senza grazia tra ricordi (Nausicaa!) e presente, e infine alle prese con un mondo nuovo, nell’incontro con un Enea già italianizzato, e alterna a Camilla un’omphalos che viene da altre storie. Il suo problema sono i figli, è la sopravvivenza di chi è “reso idiota dalla disperazione di essere ancora vivo”.
Romanzo ipercolto, che sembra voler essere sgradevole come il suo protagonista, opera di un solitario che continua a pensare (e a tormentarsi) sul destino dell’uomo, e che è annoverato tra gli scrittori dichiaratamente cattolici, Nessuno muore è denso di ricordi e nasconde citazioni, evocazioni.
È un testo pieno di angoscia. Un tempo gli scrittori cattolici erano rasserenanti, oggi sono inquieti e inquietanti, e poco “sociali”, distanti dal quotidiano. Anche il Luca Doninelli di Fa’ che questa strada non finisca mai (Bompiani), che torna all’eterna domanda su chi era Giuda e perché ha tradito. Il Tempo e la Storia non bastano a capire, ci vuole altro.
Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “Il ritorno dell’eroe”. Compra questo numero | Abbonati
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