Non sono un politologo e non seguo con troppa attenzione gli accadimenti della politica italiana, le bravate di Renzi e il presunto buonsenso del presidente “migliorista”, e non mi eccitano affatto le chiacchiere sulle “due sinistre”, entrambe per niente di sinistra. Ma è impossibile non accorgersi che si vive un’epoca di venti di guerra e di sabbie mobili, di cui solo Bergoglio sembra darsi pena e di cui i politici, ma anche i giornalisti, non sembrano affatto preoccupati.

I politici, anzi, scelgono come sempre di minimizzare i segnali di crisi che riguardano proprio la politica e il suo mondo. Il disamore per la politica espresso dai votanti delle recenti elezioni locali – un record di astensioni – non spaventa i politici per un motivo assai semplice: che essi stanno costruendo un sistema di potere autonomo dai cittadini e che sta sfociando nella cooptazione dei nuovi politici non più nominati dal popolo ma dai politici già insediati al potere e dai gruppi di potere locali, dalle consorterie, corporazioni, “mafie”.

In qualche modo questo già avviene, e ha portato allo svuotamento dei poteri locali tradizionali e palesi, logorati dalla crisi e dal saccheggio delle risorse da parte del centro, ma questo è anche il risultato delle frenesie di chi si è affacciato sulla scena della politica negli ultimi decenni.

Oggi però sono in crisi anche loro, Comunione e liberazione e le Leghe, i berlusconini e i grillini, e a far politica dal basso restano solo i gruppi fascisti, che si stanno rapidamente riorganizzando e che sembrano essere gli unici a far politica davvero, annunciando una barbarie già in corso, e stimolando la “guerra tra i poveri”, la cosa che più personalmente mi spaventa del futuro già cominciato.

Il rapporto centro-periferia non è mai stato tranquillo, nella storia d’Italia, ma ha avuto certamente momenti vivi e belli di scambio, di interdipendenza e di interazione – i sindaci hanno contato, e come, e al centro (nella sinistra si arrivava al centro, a Montecitorio e a palazzo Madama, perché “espressi dalle lotte” e non solo perché scelti e nominati dal centro secondo oscure logiche e intime corruzioni).

Le province continueranno a contare solo nella misura in cui le lobby locali sceglieranno di mandare al centro i loro uomini, disposti a tutto nell’arraffamento delle risorse a favori dei ceti dirigenti, cioè di loro medesimi. Il popolo, il voto, la democrazia non c’entrano. E non può quindi stupire che si astengano dal voto, decidano di non partecipare a un gioco nel quale non contano niente, che li sovrasta e che non può che opprimerli con l’inganno o con la forza.

Eppure… eppure le periferie, le province, esprimono un sacco di cose buone – gruppi, singoli, iniziative, associazioni – che però, non collegandosi tra loro, non contano niente, e di cui, di conseguenza, il centro può fregarsene. Il centro (per intenderci, Roma e Milano) esprime oggi solo il peggio mentre le periferie esprimono il meglio e il peggio, il peggio ma anche il meglio di un paese che, altrimenti, avrebbe dichiarato forfait già da tempo.

Ho sognato in passato che una nuova politica potesse nascere dal cosiddetto sociale – da operatori ed educatori radicati nella realtà del paese, a contatto diretto con la vita i bisogni le potenzialità del paese – ma sembra che anche il “sociale” stia morendo (o forse è già morto, nelle forme in cui si è espresso nel recente passato) sotto i colpi della crisi e della fine del welfare, e che oggi “il sociale” si preoccupi quasi soltanto della propria sopravvivenza, implorando dai governanti elemosine per sé e non per coloro nel cui nome opera, rifiutandosi di vedere come soltanto nell’unione degli operatori e dei loro assistiti si potrebbe reagire e ottenere, con la lotta, qualche risultato. E si potrebbe contribuire alla ricostituzione di una base di possibili e nuove organizzazioni nazionali. Politiche.

Il vuoto della politica (e l’assoluta miseria di quella detta “di sinistra”) ha portato a una crisi micidiale della democrazia, ma sarebbe tempo di reagire e di tentare nuove strade, nuove alleanze, nuove iniziative di lotta che ci vedano meno soli e meno fregati dal potere e dalla calca dei suoi servi volontari.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it