Elena Ferrante, L’amica geniale. Storia della bambina perduta
e/o, 452 pagine, 18 euro

Giunge a conclusione il romanzo-fiume di Elena Ferrante in quattro volumi, un ambizioso e riuscito affresco napoletano che avanza per più di mezzo secolo della nostra storia attraverso quella di un’amicizia femminile.

Elena, la narratrice, che va a studiare alla Normale di Pisa e diventa scrittrice famosa, che lascia Napoli per Torino, che si sposa con un uomo di sinistra scoprendo che “al mondo non c’era niente da vincere”, ma che ha soprattutto un’amica, Lila, più forte di lei e più “geniale”, che sceglie di restare e di patire la sua condizione di donna e di napoletana fino in fondo, con instancabile e proterva lucidità. Due “piccole donne” che crescono in una Napoli-Italia che è sempre di più “un pozzo nero”.

Ognuno di noi dovrebbe avere accanto un “beffardo”, un demone che ci costringe a non mentirci, a non illuderci. Il confronto di Elena – dell’autrice – è infine con se stessa e con Napoli, descritta con rara sapienza nel suo corpo tra piccolo-borghese e sottoproletario, tra Viviani ed Eduardo, e nel suo degrado, ma anche con un’idea di donna, in anni di nuove idee delle donne sulle donne.

Il solo limite (ma è forse la sua forza) di Ferrante, che conosce bene Morante, Ortese, Ramondino – cantatrici della sua citta – è l’assenza di quel “di più” di inquietudini che queste avevano, e il chiudersi in una sorta di laicismo senza volo e trascendenza, mai.

Questo articolo è stato pubblicato il 5 dicembre 2014 a pagina 94 di Internazionale, con il titolo “Donne di Napoli”. Compra questo numero | Abbonati

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