Serena Vitale, Il defunto odiava i pettegolezzi
Adelphi, 284 pagine, 19 euro
Del saggio-romanzo in cui la slavista Serena Vitale ricostruì l’assurdo duello che portò Puškin alla morte (Il bottone di Puškin, Adelphi 1995), Carlo Fruttero ha scritto nell’aureo libretto postumo Da una notte all’altra (Mondadori) che l’autrice, “sepolta in oscure biblioteche, rifulge qui come una narratrice di gran razza, coinvolgente come un romanzetto rosa e implacabile come il più accanito inquirente”. Vent’anni dopo, ecco un altro capolavoro della ricerca storica che si fa romanzo, per la straordinaria maestria nel costruire sui risultati di un lavoro di anni una struttura che è insieme da inchiesta e da ardita sperimentazione narrativa e che regge il confronto proprio con i capolavori dell’avanguardia russa nei primi anni post-rivoluzionari.
Protagonista stavolta è Majakovskij – poeta immenso, esigente, il più rivoluzionario dopo Rimbaud (con una sicurezza nelle sue idee e nella sua opera che ricorda, vedi a pagina 48 e seguenti, il nostro Carmelo Bene, e la Morante lo paragonò al Beato Angelico come “beato propagandista del Paradiso”). Il “paradiso” terrestre possibile fu subito tradito dalla politica, ed egli morì di questa disperazione e delle tensioni affettive, della rapida degenerazione del sistema sovietico e delle difficoltà degli affetti, degli amori, di una nuova vita. L’inchiesta romanzo di Serena Vitale gli rende giustizia, e non è poco davvero.
Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2015 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Giustizia per il poeta”. Compra questo numero | Abbonati
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